Bangkok: la reazione alla vittoria della piazza

Un nuovo aggiornamento proviene dal Movimento di nuovo sceso in piazza in forze il 2 dicembre 2020, in occasione della sentenza della Corte costituzionale thailandese . [OGzero]

Interpellato anche stavolta Emanuele Giordana lascia trapelare ammirazione per la fresca efficacia del Movimento che da febbraio supera difficoltà da pandemia e si fa gioco della polizia di Bangkok, manifestando gioiosamente e inventando strumenti utili alla difesa ma anche validi gadget sfruttati efficacemente sui social e predisposti all’adozione da parte dei media globali, confermando una proposta innovativa di proporre movimenti di protesta innanzitutto comunicativi.
Qui si trovano i 4 podcast dell’analisi di Emanuele: il primo risale all’8 ottobre, gli altri tre sono stati registrati il 2 dicembre, anche questi provengono dalle mattinate info di radio blackout

Ascolta “10 richieste per il cambiamento” su Spreaker.

Dopo la proclamazione l’8 ottobre dello stato di emergenza, la polizia ha sciolto la manifestazione accampatasi attorno al palazzo presidenziale da ieri pomeriggio quando un vasto corteo di migliaia di thailandesi ha marciato dal monumento alla democrazia nel centro di Bangkok fino alla sede dell’esecutivo chiedendo la testa del premier e una revisione della Costituzione. La polizia, che ha schierato 2000 agenti per evitare nuovi assembramenti, ha arrestato diversi manifestanti tra cui Panusaya “Rung” Sithijirawattanakul, Arnon Numpha, Parit Chiwarak and Prasit Krutharote, i volti più noti della protesta. Il decreto, firmato dal Premier Prayut, vieta riunioni pubbliche di oltre 5 persone e vieta la pubblicazione di “messaggi illegali” sui social media. La svolta di questa mattina è la risposta alla giornata di mercoledì che si è dimostrata un successo per gli organizzatori di una protesta che va avanti ormai da mesi e che, per la prima volta nella storia recente del regno siamese, mette sotto accusa anche la casa reale che la Costituzione privilegia del diritto di punire duramente la lesa maestà.

Migliaia in corteo contro Governo e privilegi

La manifestazione, che era prevista ieri alle 2 del pomeriggio di mercoledì è in realtà iniziata in anticipo, alle 8, per protestare contro l’arresto la sera prima di alcuni attivisti che si aggiravano attorno alla piazza centrale dove campeggia il monumento alla democrazia, divenuto ormai simbolo della protesta e che ieri si è riempito nuovamente di migliaia di manifestanti con l’idea di marciare sul palazzo del Governo per chiedere conto delle richieste popolari finora non esaudite (il dibattito sulla Costituzione è stato rinviato).

Quando il corteo si è mosso si è trovato di fronte le “camicie gialle”, gruppi di lealisti fedelissimi della corona che avevano organizzato – molte bandiere ma poca gente – una contro manifestazione. La polizia è intervenuta per evitare incidenti ma qualche calcio e pugno è volato. Non è stata l’unica sorpresa. Re e consorte hanno pensato bene di attraversare l’area interessata dal corteo forse per ribadire il diritto del monarca a fare le strade che più gli aggradano. Una provocazione, non è chiaro quanto studiata, ma a cui i manifestanti hanno reagito solo salutando il corteo reale con le tre dita alzate, il simbolo della protesta. Intanto la polizia bloccava gli accessi alla strada che porta verso il palazzo del Governo dove il corteo avrebbe voluto dirigersi.

Sovrani tailandesi di passaggio a Bangkok

Una vittoria della piazza

Passato il re ed esauritosi il confronto con le camice gialle (portate dalla polizia, secondo i manifestanti, lungo il tragitto che avrebbe percorso il re), il corteo è comunque riuscito a dirigersi verso il palazzo dell’esecutivo dove ha aspettato il calar delle tenebre e dove si è deciso di rimanere a vegliare gli affari del Governo per tre giorni. La prova di forza dunque è riuscita: il corteo ha avuto luogo e i numeri sono nell’ordine delle decine di migliaia. Anzi, delle centinaia di migliaia, almeno secondo alcuni manifestanti che, riportava ieri il “Bangkok Post”, rivendicano una presenza di 300.000 persone. Una valutazione forse per eccesso. La polizia comunque è rimasta ferma e adesso la palla torna nel campo del governo che, per il momento, ha deciso una repressione leggera in una battaglia che finora vede vincere la piazza.

Intanto, mentre i manifestanti iniziavano a prepararsi per la marcia, martedì sera arrivava a Bangkok il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. La scelta del momento ha un risvolto prevalentemente economico ma, data la protesta, anche politico visto che per la Cina Prayut resta il Premier checché ne dica un movimento che assomiglia molto a quello di Hong Kong. Una visita ufficiale adesso equivale dunque a un sostegno al primo ministro con cui Bangkok ha iniziato a uscire, seppur con cautela, dalla sola sfera di influenza americana. I cinesi vogliono rafforzare i loro investimenti al Corridoio economico orientale (Eec), agenzia pubblica nata per incoraggiare gli investimenti, aumentare l’innovazione e la tecnologia avanzata in Thailandia per trasformarla in hub tecnologico. L’anno scorso – ricorda il South China Morning Post – la Cina ha sostituito il Giappone come principale fonte di investimenti esteri con scambi bilaterali che ora valgono quasi 80 miliardi di dollari. La Thailandia spera nei cinesi per superare l’impasse Covid e vendere più prodotti agricoli mentre Pechino spera che Bangkok superi finalmente i dubbi sul collegamento ferroviario ad alta velocità che dallo Yunnan – passando per Laos, Thailandia e Malaysia – arriverà a Singapore. Va anche ricordato che la Thailandia, tradizionale mercato di Washington, ha anche già acquistato carri armati, sottomarini e tecnologia militare cinese.

Le immagini sono fotogrammi tratti da servizi trasmessi su Channel News Asia.