La “Grande sostituzione” si estende al Maghreb

Il contagio del razzismo a supporto della governance di despoti e democrature è l’unico pensiero che può attraversare frontiere. L’Unione africana, dopo la conferma delle sanzioni ai danni del Mali, Burkina e Guinea equatoriale per i golpe filorussi, si è trovata a dover difendere le genti provenienti proprio dal Sahel e dal resto del continente subsahariano da attacchi che provengono dall’interno dello stesso continente ai massimi livelli delle istituzioni di un paese africano. Lo ha fatto condannando le parole “scioccanti” del “pallido” presidente della Tunisia sui migranti più “scuri” provenienti dall’Africa subsahariana e ha richiamato i suoi stati membri ad «astenersi da qualsiasi discorso di odio e di natura razzista, che danneggiano le persone». In trasparenza si possono riconoscere i contorni delle richieste italiane, sicuramente avanzate – perseguendo l’intento di esternalizzare le frontiere – proprio con gli stessi argomenti razzisti, che facilmente non si sbaglia ad attribuire al viaggio di Meloni in Maghreb, andata a procurarsi gas e soprattutto a perorare il blocco della rotta dei migranti; peraltro un perfetto argomento – in tutto uguale al disgustoso tentativo di Erdogan di scaricare sui migranti la colpa della corruzione del suo sistema di potere in buona parte responsabile del disastro del terremoto per le sue dimensioni – che offre il destro a Saïed per trovare un capro espiatorio su cui far convergere l’odio per il disastro economico e sociale tunisino.

Una grande manifestazione contro il razzismo e la xenofobia si è svolta a Tunisi il 26 febbraio 2023, per dire no alle parole di Saïed e per cambiare rotta al governo sul trattamento riservato ai migranti dai paesi africani subsahariani. Le organizzazioni della società civile hanno assunto una posizione di principio netta e determinata contro l’idea nazista del complotto per la sostituzione etnica mediata dal presidente autocrate prendendo a prestito gli slogan delle destre europee. Il corteo è partito dalla sede del sindacato dei giornalisti, uno dei promotori, per raggiungere il centro città coinvolgendo nel percorso l’aggregazione di migliaia di altri cittadini. Il portavoce del “Forum per i Diritti Sociali ed Economici” ha affermato che il discorso dell’odio non sarà mai accettato in una società come quella tunisina, perché è contro natura: «Quando quel discorso proviene dal capo dello Stato, rischia di sdoganare atti violenti contro i nostri fratelli migranti, che vivono condizioni di emarginazione economica tra di noi». Angelo Ferrari aveva già rilevato l’enormità di un leader africano che esplicitamente prende a prestito il razzismo europeo, adattando “Le Grand Remplacement” di Renaud Camus alle fobie arabe verso le culture subsahariane, in un intervento che proponiamo qui.


Saïed sdogana il razzismo serpeggiante concordato con Roma

Montano le polemiche in Tunisia dopo le parole del presidente Kaïs Saïed che ha invocato “misure urgenti” contro l’immigrazione clandestina di africani subsahariani nel suo paese, sostenendo che la loro presenza è fonte di «violenze, crimini e atti inaccettabili». Ma Saïed si è spinto anche oltre, sostenendo che l’immigrazione dall’Africa subsahariana fa parte di una «impresa criminale ordita all’alba di questo secolo per modificare la composizione demografica della Tunisia», in modo che potesse essere considerata un paese “solo africano” e offuscarne il suo carattere “arabo-musulmano”. Date queste premesse, per Saïed è necessario «porre fine in fretta» a questa immigrazione invocando misure urgenti.

Reazioni dell’Unione africana

Con una nota, il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, ha condannato «fermamente le dichiarazioni scioccanti fatte dalle autorità tunisine contro i connazionali africani, che vanno contro la lettera e lo spirito della nostra organizzazione e i nostri principi fondatori». Faki Mahamat ha ricordato a «tutti i paesi, in particolare agli stati membri dell’Unione Africana, che devono onorare gli obblighi ai sensi del diritto internazionale, vale a dire trattare tutti i migranti con dignità, da qualsiasi parte provengano, astenersi da qualsiasi discorso di odio con natura razzista, che probabilmente danneggerà le persone e dà la priorità alla loro sicurezza e ai loro diritti fondamentali».

Moussa Faki Mahamat ribadisce «l’impegno del comitato a sostenere le autorità tunisine al fine di risolvere i problemi di migrazione e rendere la migrazione sicura, degna e regolare».

Proprio il Mali – paese che al suo interno vive da anni profondi travagli sfociati nell’apertura ai “servizi” dei contractors della Wagner – in una nota dell’ambasciata tunisina ha dichiarato di aver seguito «con la massima preoccupazione la situazione dei maliani» nel paese. Riferendosi a “momenti molto inquietanti”, e ha invitato i suoi cittadini “a essere vigili” e ha chiesto a «coloro che desiderano di registrarsi per un ritorno volontario».

La crisi tunisina e il facile capro espiatorio “nero”

Il discorso di Saïed, che ha concentrato su di sé tutti i poteri dopo aver sospeso nel luglio 2021 il parlamento e licenziato il governo, si è verificato mentre il paese sta attraversando una grave crisi economica contrassegnata da carenze ricorrenti di prodotti di base, in un contesto di forti tensioni politiche.
Secondo i dati ufficiali citati dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes) la Tunisia, un paese di circa 12 milioni di abitanti, conta più di 21.000 africani subsahariani, la maggior parte dei quali è irregolarmente nel paese. Molti di loro, la maggioranza, arriva in Tunisia per poi tentare di immigrare illegalmente in Europa via mare. Alcuni tratti della costa tunisina sono a meno di 150 chilometri dall’isola italiana di Lampedusa. Secondo i dati ufficiali italiani, nel 2022 sono arrivati in Italia clandestinamente dalla Tunisia oltre 32.000 migranti, di cui 18.000 tunisini.
La Tunisia sta attraversando una grave crisi economica caratterizzata da ricorrenti carenze di beni di prima necessità, in un contesto di tensioni politiche, e molti analisti e attivisti ritengono che il presidente stia strumentalizzando la crisi dei migranti per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle questioni economiche e sociali “inventando un nuovo pericolo”. Altri ritengono che Saïed stia cedendo alle pressioni dell’Italia per ottenere lo stop dei flussi migratori.

Reazioni della società civile tunisina

Le sue parole dunque hanno gettato benzina sul fuoco delle incarcerazioni degli oppositori, dei giornalisti e delle proteste di piazza per il referendum andato deserto nelle urne, indignando buona parte delle organizzazioni non governative, parte della classe politica ma anche gli intellettuali. Su Twitter, hanno reagito alcuni analisti politici. Amine Snoussi (@amin_snoussi), autore di libri sulla politica tunisina e giornalista, scrive:

«Il presidente della Repubblica tunisina ha appena convalidato la tesi del grande ricambio. Abbiamo un dittatore razzista che arresta i suoi oppositori e incolpa gli immigrati subsahariani per i nostri problemi. È il peggior regime nella storia di questo paese».

Mohamed Dhia Hammam (@MedDhiaH), ricercatore in scienze politiche alla Maxwell School, definisce le parole di Saïed disgustose, e parla di una “campagna fascista contro i neri”:

«L’oltraggiosa dichiarazione della presidenza sulla riunione del Consiglio di sicurezza nazionale, durante la quale Saïed ha deciso di usare tutte le forze, compresi i militari, per prendere di mira gli immigrati neri, arriva nel bel mezzo di una odiosa campagna mediatica. La logica del complotto messa in atto dal governo fa eco alle teorie del complotto diffuse sia nei media mainstream che nei social media pro- Saïed», twitta l’analista.

«Questo discorso non ha alcuna somiglianza con la Tunisia. La posizione internazionale della Tunisia e la sua storia umanitaria sono molto più grandi di questo discorso», ha reagito su Facebook il presidente dell’Osservatorio tunisino per i diritti umani, Mostafa Abdelkebir. Anche Mnemty, associazione che si batte contro la discriminazione, ha condannato il comunicato stampa della presidenza tunisina, definendolo un «discorso di razzismo e odio e incitamento alla violenza contro i migranti subsahariani».

Le dichiarazioni di Saïed sull’esistenza di una “impresa criminale” volta a cambiare la composizione demografica della Tunisia assomigliano alla teoria del complotto della “grande sostituzione” sostenuta in Francia dal polemista di estrema destra Eric Zemmour che, infatti, reagisce immediatamente alle parole di Saïed: «Gli stessi paesi del Maghreb iniziano a lanciare l’allarme di fronte all’impennata migratoria. Qui, è la Tunisia che vuole adottare misure urgenti per proteggere la sua gente. Cosa aspettiamo a lottare contro la Grande Sostituzione?», ha commentato Zemmour su Twitter condividendo un articolo di stampa sulle osservazioni fatte da Saïed.


A completamento proponiamo questa bella discussione tra Arianna Poletti da Tunisi e Karim Metref, algerino-torinese di origine berbera, entrambi raffinati analisti della situazione e società nordafricana; troverete preoccupazioni inusitate e interpretazioni  di situazioni che danno il quadro di una trasformazione repressiva epocale:


“Tutto il Maghreb sta filando cattivo cotone”.