Freetown

È una bella mattina di novembre e il sole sembra accarezzare le foglie degli alberi che ricoprono la cima del monte Aureol, una delle alture che domina la penisola su cui sorge Freetown. Da qui si ha una vista quasi complessiva della città. Al centro alti palazzi e affollatissime strade strette intorno a un enorme albero che dicono sia lì da sempre, più a ovest spiagge dorate baciate dal sole e colline punteggiate di villette, hotel e ambasciate. Dalla parte opposta, a est, alle spalle del porto si dipana un interminabile susseguirsi di fabbriche e sobborghi popolari che si estende per chilometri, fra meccanici a cielo aperto, mobili e suppellettili esposti lungo le strade e grigie case di cemento perennemente in costruzione.
Ma nel caos di Freetown anche i concetti classici di centro e periferia sembrano vacillare: il mare da un lato e le montagne dall’altro riducono al minimo gli spazi liberi ed è così che a poche decine di metri dal palazzo presidenziale si accumulano baracche brulicanti di vita e i vetri del grattacielo della banca centrale si sovrappongono allo sfondo di una discarica avvolta dai fumi.
Tutto si stratifica e tutto si mischia in questa città complessa e dal nome meraviglioso e ingombrante. La terra della libertà: può esistere luogo più dolce? Forse no, ma quanto è rimasto oggi di quel sogno di libertà? Di quelle speranze? Quanto è stato spazzato via dal correre della storia, dalle tragedie che con cinica puntualità colpiscono questa gente, dalla necessità quotidiana di arrangiarsi, far giornata, sopravvivere?

Troppe domande a cui cercare risposte.

È ora di tuffarsi fra queste strade prima che il sole si faccia troppo caldo e l’aria diventi densa di umidità da sembrare quasi solida, troppo pesante per fluire nei polmoni…

Questo è l’incipit del volume dedicato alla capitale della Sierra Leone, scritto da Federico Monica e uscito il 1° dicembre in versione cartacea e epub.

Freetown map general

Federico Monica, architetto e dottore di ricerca in pianificazione urbana si occupa da oltre dieci anni di analisi della città e degli insediamenti informali in Africa subsahariana. È consulente per ong e organismi Internazionali sui temi legati allo sviluppo urbano e alla pianificazione partecipata, è responsabile di Placemarks-Africa e dello studio Taxibrousse, specializzato in progetti architettonici, infrastrutturali e ambientali per la Cooperazione Internazionale. Ha realizzato progetti e ricerche in 15 paesi del continente africano, è autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative sui temi della città e delle trasformazioni territoriali in Africa subsahariana.

La sezione della serie di città dedicata all’Africa è frutto della cura di un attento africanista, Angelo Ferrari, che ha selezionato autori e aree urbane sulla base di motivazioni che rendono le scelte emblematiche di processi economici, sociali e geopolitici in corso nel continente e che trasformano gli aspetti e la forma di essere comunità urbana attraversata da tutti gli aspetti che rappresentano la storia dell’Africa.

Il libro è finalmente uscito! Ordinabile in tutte le librerie e disponibile online, il terzo volume della collana “Le città visibili” e l’oggetto di questa bella intervista di Marco Trovato a Federico Monica.

In agosto ci sono stati scontri a Freetown e in tutta la Sierra Leone per le condizioni di vita (inflazione al 30%, salari già inadeguati non pagati, o con forti ritardi, da cui le proteste di medici, insegnanti), questo all’inizio del mese, che poi si è concluso con forti inondazioni, che sono endemiche. Nelle parole di Federico Monica – architetto fondatore di Taxibrousse, specializzato in consulenze per la collaborazione – che conosce bene la storia e le condizioni di vita attuali di Freetown, bisogna considerare che prima ancora dell’epidemia di covid il paese ha dovuto affrontare quella di ebola e nel momento in cui stava riprendendo la normalità la guerra in Ucraina ha prodotto conseguenze sull’approvvigionamento alimentare (riso e olio di palma hanno raggiunto prezzi proibitivi) e poi anche sui maggiori costi dell’energia e dei trasporti, rendendo la sopravvivenza molto difficile. Il muro eretto dal governo, che sospettava aria di golpe, ha innescato la polveriera delle proteste, che hanno prodotto almeno una trentina di vittime. Il problema che si evidenzia è l’origine militare del potere, che ha immediatamente bloccato la rete Internet, indetto il coprifuoco e represso il movimento che si era creato attorno The Grassroots Women of Salone. Ora la calma è apparente.
L’altro aspetto in seno al potere autocratico di Bio è dato dalle risorse minerarie, sia metalli tradizionalmente preziosi (la guerra civile è tramandata come la Guerra dei diamanti), sia terre rare, la ricerca dei quali ha devastato il territorio. E Bio rischia di perdere le elezioni, visto il malcontento che è subentrato all’entusiasmo che aveva suscitato con il suo programma di svincolarsi dall’abbraccio cinese (l’intervento di Pechino ha costruito l’autostrada a pagamento che è poi unico accesso alla città) e combattere la corruzione; nonostante qualche progresso come il superamento della pena di morte e la discussione – non ancora deliberata – su una legge proabortista, il malcontento si è diffuso con il ridimensionamento della figura di Bio, apprezzato durante la guerra civile.
E poi sono venute le piogge consuete in fine estate sulla penisola sempre più affollata dall’inurbamento feroce, battendo i terrazzamenti sgomberati dagli alberi e quindi favorendo le frane. A cui si aggiunge la pessima gestione dei rifiuti, provocando intasamento. Nonostante gli sforzi di Yvonne Sawyer, la sindaca molto attiva di Freetown.

Ascolta “Sierra Leone. Memorie di guerra, disperate ribellioni e devastazioni ambientali” su Spreaker.

Mentre il libro era in lavorazione, Federico ha prodotto questo video durante gli scontri a Freetown per gli amici di “Africa Rivista”, ve lo riproponiamo perché offre una documentazione visiva di momenti di tensione descritti nel libro.

Tieniti Informato con OGzero

Ti terremo aggiornato sulle principali novità di OGzero

Non invieremo Spam – Poche email ma buone –