Kamala Harris in Africa: investimenti e basi contro il pericolo Cina

Angelo Ferrari
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Gli Stati Uniti si sono impegnati a fornire aiuti per 100 milioni di dollari agli stati dell’Africa occidentale che si affacciano sul Golfo di Guinea per combattere l’estremismo e l’instabilità. E stanno pensando all’apertura di una base Africa Command proprio sulla costa occidentale del continente. Anche gli Usa – come già stanno facendo altri paesi occidentali – girano lo sguardo verso questi paesi minacciati dal dilagare del terrorismo negli Stati del Sahel, in particolare Mali e Burkina Faso, che sta sempre di più spostando la sua attenzione verso il Golfo di Guinea.

Investimenti, accordi pubblico-privato e sicurezza

L’annuncio è stato fatto dalla vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, in visita in questi giorni in tre paesi africani: Ghana, Tanzania e Zambia. «Accogliamo con favore l’importante posizione del Ghana nella regione del Sahel e vi ringrazio per la vostra leadership in questa», ha detto Kamala Harris in un discorso nella capitale ghanese, Accra. «Oggi sono lieta di annunciare 100 milioni di dollari a Benin, Ghana, Guinea, Costa d’Avorio e Togo per aiutarli ad affrontare la minaccia dell’estremismo e dell’instabilità», ha aggiunto. La vicepresidente degli Stati Uniti ha anche sottolineato il piano strategico del presidente americano Joe Biden per prevenire i conflitti e promuovere la stabilità nella regione africana del Sahel. Il piano degli Usa, sviluppato durante il vertice Usa-Africa del dicembre scorso a Washington, poggia le sue basi su un approccio più legato agli investimenti per piani di sviluppo concertati con i paesi africani, che si possono sintetizzare in un cambio di passo:

non più “cosa possiamo fare per l’Africa, ma cosa possiamo fare con l’Africa”. Un cambio di paradigma che la vicepresidente americana ha più volte sottolineato durante questo suo viaggio – termina sabato 1° aprile – e cioè non più un approccio dove prevale l’aspetto securitario, ma dove a prevalere sono gli investimenti mirati pubblico-privato.

Gli Stati Uniti, dunque, vogliono tornare a esercitare un’influenza che si è un po’ annacquata negli ultimi anni soprattutto sul piano economico e dello sviluppo, visto che nell’ultimo decennio ha prevalso la politica securitaria che ha lasciato ampio spazio di manovra, sul piano commerciale, alla Cina e ora anche alla Russia che sta tornando a essere protagonista nel continente africano. Gli Usa, tuttavia, tengono sotto traccia la “disputa” con Pechino, non “chiedono di scegliere”, ma continuano a ritenere di offrire un modello “migliore”.

Kamala Harris in Africa

I numeri di Usa e Cina in Africa

Gli Usa hanno esportato 26,7 miliardi di dollari di beni e prodotti in Africa nel 2021 e, nello stesso anno, hanno importato 37,6 miliardi di dollari di beni dall’Africa, con il privilegio di importare prodotti senza dazi doganali in decine di paesi del continente. Nel 2011, le esportazioni statunitensi nel continente ammontavano a circa 32,8 miliardi di dollari e le importazioni a circa 93 miliardi di dollari. Se guardiamo alla Cina i numeri sono di tutt’altra entità: il commercio bilaterale totale tra il continente africano e la Cina nel 2021 ha raggiunto i 254,3 miliardi di dollari, in crescita del 35,3% su base annua. L’Africa ha esportato 105,9 miliardi di dollari di merci in Cina, un valore in crescita del 43,7% anno su anno. La Cina, dunque, è rimasta il principale partner commerciale dell’Africa per 12 anni consecutivi. A ciò si aggiungono gli investimenti infrastrutturali.

Come scalzare la Cina?

La visita del vicepresidente degli Stati Uniti è una delle visite di più alto livello nel continente dai tempi dell’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Dall’inizio dell’anno l’attività politico-diplomatica americana in Africa è stata intensa, con i viaggi del segretario di stato americano Antony Blinken, della moglie del presidente Joe Biden, Jill Biden, e della rappresentante permanente presso le Nazioni unite, Linda Thomas-Greenfield che, hanno visitato diversi paesi del continente. La crescente influenza della Cina sul continente africano è la ragione alla base di queste visite: gli Stati Uniti sono preoccupati per la crescente presenza economica della Cina in Africa e vogliono promuovere maggiori investimenti privati nel continente per far progredire le relazioni commerciali.

Gli Stati Uniti d’America, dunque, vogliono intensificare gli investimenti in Africa, recuperando posizioni sulla Cina, che rimane il maggior investitore nel continente africano.

Intensificare i rapporti pubblico-privato per dare più slancio all’economia africana e per rispondere alle esigenze di finanziamenti dei progetti infrastrutturali, stimate tra i 68 e i 108 miliardi di dollari.

La nuova strategia americana pone le sue basi su alcuni pilastri fondamentali: prosperità economica, la promozione della democrazia, i cambiamenti climatici, l’avanzamento tecnologico, l’emancipazione economica e la sicurezza alimentare. L’azione statunitense è, dunque, a tutto tondo: diplomatica, commerciale e securitaria. Il tema degli investimenti è l’aspetto cruciale dell’attivismo Usa dopo il vertice di Washington, tanto che il presidente della Banca africana di sviluppo, Akinwumi Adesina, ha sollecitato gli Stati Uniti a investire di più: «Questo è il momento per gli investitori statunitensi di spostarsi rapidamente e investire in Africa. Le opportunità non aspettano nessuno. Gli investimenti diretti esteri (Fdi) statunitensi verso l’Africa nel 2020 sono stati pari a 47,5 miliardi di dollari, ossia il 5,2% degli investimenti esteri globali degli Stati Uniti. Il Build Back Better World del presidente Biden può portare più investimenti del settore privato statunitense in Africa».

L’Africa Command piazza una nuova base in Liberia

Mentre in Africa la Harris spiega questo cambio di paradigma a Washington, invece, si sta pensando di aprire una base militare di Africa Command, proprio in Africa occidentale e uno dei paesi candidati sembra essere la Liberia. Il comandante dell’Africa Command degli Stati Uniti, il generale Michael Langley, è comparso davanti al Comitato per i servizi armati del Senato degli Stati Uniti e ha rivelato che l’Africa Command sta esplorando aree dell’Africa occidentale dove stabilire un nuovo centro di comando, ma non ha potuto rivelare i possibili paesi durante l’udienza pubblica.

 

E la Cina punta alla Guinea Equatoriale

Secondo i media liberiani questo nuovo centro potrebbe essere stabilito a Monrovia, capitale della Liberia. Gli Stati Uniti infatti sono preoccupati per le incursioni che Cina e Russia stanno facendo in Africa e sono ancora più preoccupati per la possibilità che la Cina stabilisca una base militare in Africa occidentale (in Guinea Equatoriale): «In questo momento, non possiamo lasciare che abbiano una base sulla costa occidentale perché stanno cambiando le dinamiche» ha detto Langley al Senato americano, dicendo che la necessità di un nuovo comando «è urgente».

Dopo l’audizione di Langley, il presidente liberiano, George Weah, ha visitato il quartier generale della Cia in Virginia, una visita che ha suscitato molte speculazioni in Liberia e non solo. Secondo il quotidiano liberiano “Front page Africa” «l’America ha bisogno di stabilità in Liberia» e necessita di una più ampia ed efficace collaborazione con il paese africano nella sua lotta contro la Russia e contro l’influenza cinese.

La Liberia, fondata da schiavi americani liberati, ha legami forti e storici con gli Stati Uniti ed è stata nell’orbita americana sin dalla sua esistenza. I liberiani residenti negli Stati Uniti inviano annualmente oltre 400 milioni di dollari in rimesse estere, il che rappresenta un importante impulso per l’economia liberiana.

L’America, dunque, non rinuncia del tutto all’opzione militare e securitaria e soprattutto rende ancora più evidente che il suo impegno in Africa – tornata a essere centrale nelle strategie geopolitiche mondiali – è anche di contrasto alla presenza cinese che non limita più la sua presenza all’aspetto economico e commerciale. Con una nuova base in Guinea Equatoriale – già ne ha una sulla costa orientale a Gibuti – rafforza anche la sua presenza militare nel continente. E questo dimostra come l’Africa sia ancora terreno di scontro tra potenze e i cambi di paradigma, per ora, rimangono solo sulla carta. Non solo.

I leader africani ne sono consapevoli e, spesso, non si fanno più incantare. Per ora il loro sguardo è rivolto a Est.