Libia

Wagner

A chi è utile la Wagner?

Angelo Ferrari
Che fine farà la Wagner? A chi è utile? Il continente africano…
nuovo patto europeo@HUMANITY1

n. 22 - Il nuovo patto europeo sulla migrazione e l’asilo (I). Respingimenti, Sar, esternalizzazioni

Fabiana Triburgo
L’ipocrisia europea evita di dare indicazioni precise e umanitarie,…
il gioco delle parti

Il “nuovo” ordine mondiale e il gioco delle parti da Astana a Kyiv

OGzero
Confrontandoci tra complici di “OGzero” sulla complessa situazione…

Le divergenze parallele nei piani sino/russi per l’Africa

Alessandra Colarizi
I rapporti tra le potenze globali s’improntano alla “differenziazione”…
la soluzione al caos libicoMichael Wick

n. 11 - Cosa può fermare il caos libico?

Fabiana Triburgo
Questo saggio dedicato alle rotte nordafricane appartiene alla…
Il Sahel è in ebollizione

I francesi non se ne sono mai andati dal Sahel. Parte 1 - Il Ciad prima di Déby

Eric Salerno
Inauguriamo con questo intervento di Eric Salerno, e con il successivo…
una visione di insieme

n. 1 - Corno d'Africa: Migranti e secolari conflitti etnici e coloniali

Fabiana Triburgo
Questo saggio fa parte di una raccolta di articoli che fornisce…

Tuareg, i curdi dell’Africa?

Gianni Sartori
L'indipendenza e autodeterminazione dei popoli del Fezzan e della Nigeria passa attraverso la collaborazione tra tuareg e tebu, ma anche contro il neocolonialismo occidentale, soprattutto francese, che mira a controllare oro, uranio, petrolio, acqua e vuole imporre la sua presenza militare attraverso missioni Onu con il pretesto di combattere il jihadismo, con cui brevemente e riconoscendo l'errore il popolo azawad si era alleato nel 2013
Mosaico di Madaba in Giordania

Considerazioni sul Libano che vanno oltre il Libano

Eric Salerno
Archiviare i rapporti di forza coloniali in questo periodo di nazionalismi esasperati può ricondurre a modelli vecchi di secoli, anziché soddisfare le richieste di emancipazione dei popoli repressi: l'impero ottomano e quello russo tentano di ricreare le antiche sfere di influenza.

L’attivismo di Erdoğan concepito al Cremlino

Murat Cinar
Le strategie parallele russo-turche per l'indipendenza ottomana dagli Usa porta alle intese di Astana per spartirsi energia e controllo sullo scacchiere mediterraneo

La Russia e il Medio Oriente

Mattia Bernardo Bagnoli
Da zar a raiss. La tentazione di esagerare, quando si affronta…

Lo Spirito del tempo che percorre il territorio del Sahel

Luca Raineri, OGzero
Nei due anni che vanno dal maggio 2018 al giugno 2020 nel territorio…

Attivismo turco nel mondo arabo: una partita energetica e strategica

Alberto Negri
All'arabizzazione forzata del Rojava negli intenti di Erdoğan, attivo anche in Libia, si contrappongono le affermazioni di Bashar al Assad, che lo giudica un invasore, forse pensando che il padre Hafiz aveva già operato un'arabizzazione della regione ai danni dei curdi; la spartizione della Siria con la fine del decennio si è completata, mentre due fazioni simili si contendono il potere in quella che era la Libia, di nuovo internazionalizzando la guerra per procura, con precisi appoggi dagli uni o dagli altri. La presenza russa condiziona e indirizza i protagonisti di entrambi i campi libici, come già in Siria. L’accordo intercorso tra Erdoğan e Serraj per spartirsi il petrolio del Mediterraneo e le minime reazioni internazionali a questo abuso dimostrano la dipendenza di ogni nazione dalle risorse dei territori sottoposti a rivolgimenti geopoliticamente strategici, per cui ciascuno si mantiene libero di saltare sul giacimento del vincitore; solo la Grecia ha espulso l’ambasciatore turco, evidenziando la debolezza europea. Ma cosa si può immaginare in trasparenza dietro a questa situazione? in quale contesto dei due paesi si va a inserire? Questo bel cortocircuito che coinvolge l’intero scacchiere mediorientale vede sempre in controluce il profilo di Putin, che spedisce truppe (il famigerato contingente paramilitare Wagner) e smuove alleanze contrapposte. Allargando il campo ai molti motivi di scontro, alleanze e affinità religiose (piegate a fare da foglia di fico per gli interessi geopolitici): se da un lato ci sono i Fratelli Musulmani, che Erdoğan appoggia dovunque, dall’altro lato c’è l’Egitto di Al-Sisi che con un golpe ha cacciato proprio il governo islamista eletto che sostiene un governo di Bengasi ufficialmente laico, ma finanziato dai wahaabiti sauditi, quanto Tripoli si avvale delle milizie jihadiste di Misurata. Così l’area mesopotamica torna ad apparentarsi con quella libica: gli strumenti, le strategie, gli interessi e i meccanismi messi in atto sono riconducibili a una medesima regia globale?