progetti

Il punto d’arrivo di OGzero, l’elaborazione dei punctum e degli studium che dà vita a un vero e proprio progetto editoriale con materiali inediti. Qui tutti i progetti in corso e quelli già pubblicati. Acquistateli, aiutandoci così a capire che quello che vi raccontiamo vi interessa!

ribalta

Gli spunti appena pubblicati, le ultime interviste, le analisi dell’ultima ora; le iniziative e le partecipazioni

Manipolazione e propaganda per giustificare i massacri del nazionalismo

Lo scontro globale per cambiare il sistema di equilibri mediorientali non può che comportare una nuova mappa di scambi commerciali, tracciamento di nuovi confini, mutazione di aree di influenza derivante da giochi di potere per alcuni strategici (le grandi potenze); per altri solo tattici (gli eserciti locali, proxy di altre potenze). La strategia è diplomazia, la tattica è militare

Il Nuovo Ordine cambia il sistema mediorientale del dopoguerra?

“Dirompente miscela” si dice sempre della regione Mena: certo, se si coltiva il peggior nazionalismo conservatore e religioso in una salsa militar-fascistoide presso ogni contendente non è che si possa raccogliere altro che tempesta. Ma compito della geopolitica è considerare gli eventi a livello globale (con il grandangolo), ponendoli in fila uno dietro l’altro chiedendosi come possano essere capitati, riconsiderando gli interessi di ciascun attore da ogni punto di vista, evitando di soffermarsi sulle evidenze poste in rilievo per nascondere le strategie più ficcanti.

Il campo dove si svolge la proxy war è sempre il solito: quei paesi provenienti dalla dissoluzione dell’impero ottomano, i cui confini erano stati malamente tracciati un secolo fa da Sykes e Picot e che rappresentavano il cuscinetto tra gli imperi occidentali (GB e F), quello russo, quel che rimane della multietnicità turca e l’influenza persiana sulla regione, che si è andata espandendo con l’avvento degli ayatollah, creando una mezzaluna sciita invisa ai musulmani emiratini e sauditi insieme a quasi tutti gli altri sunniti. Questa fotografia è andata sbiadendo con l’affacciarsi di nuove grandi potenze e la neocolonizzazione che ha visto alleanze variabili per il controllo della costa del Mediterraneo orientale che dalla Libia alla Siria, fino all’Iraq e al mar Caspio è stata destabilizzata negli ultimi 15 anni sia dalle primavere arabe, versione mediorientale delle rivolte arancioni, sia dalle mire delle potenze locali, ringalluzzite dal vuoto lasciato da quelle globali.

In particolare lo Stato ebraico ha forse intravisto l’occasione di cambiare il Sistema di riferimento, ponendosi al centro degli interessi di quella regione illudendo i sionisti di creare Eretz Israel (un ottimo deterrente collocato dalle potenze coloniali in quel territorio anche per evitare l’unione delle genti arabe nel processo postcoloniale, potenzialmente unificatore, se non ci fossero leadership e divisioni surrettizie confessionali); il destro potrebbe derivare dallo scontento delle popolazioni sottomesse all’altro regime ultraortodosso dopo le molteplici insurrezioni contro i pasdaran della rivoluzione islamica, che minano la tenuta degli ayatollah. Il dubbio è sorto ad alcuni analisti che si sono chiesti se fosse bucato il sistema di intelligence: la Vevak come la Savak che nel 1979 si sgretola, preannunciando il crollo del regime assassino di Pahlavi. Altrimenti non si spiegano i tanti riusciti omicidi (per ultimi Haniyeh e Nasrallah) perpetrati dal Mossad nel territorio controllato dall’Iran, senza una collaborazione capillare all’interno degli apparati iraniani. In sé la decapitazione delle organizzazioni dei proxy degli ayatollah non comporta la fine di un sistema imposto, ma può fomentare lo scontento di chi è trascinato in una guerra non sua e patisce lutti e danni, puntando a quel cambio di regime nelle regioni a maggioranza araba, innescato con la guerra in Iraq, proseguito con quella in Siria e ora in Libano.

Allora forse prende corpo un progetto di Ordine Nuovo regionale di cui Israele sarebbe il fulcro, basato solo su transazioni che utilizzano il corridoio ideato con gli Accordi di Abramo, e allora si spiega il bisogno di sgomberare il campo di realtà non riconducibili al disegno e l’annientamento di figure che negli ultimi decenni hanno aiutato a mantenere un equilibrio di forze, svuotando le loro organizzazioni, per preparare il terreno a rigenerarle funzionalmente per assicurare un diverso equilibrio concertato con la strapotenza dei vincitori apparenti.

Tutto sembra svolgersi senza che gli altri partner di Astana non intervengano a sostegno di Teheran… ma quando la spallata era toccata alla Siria, Mosca era intervenuta soltanto quando Assad era ormai totalmente indebolito e pronto a concedersi a chiunque lo salvasse (e non è stato rilievo al bombardamento della base russa di Hmaimim in risposta alle dichiarazioni di Putin sull’aggressione del Libano). Il risultato era stata la frantumazione della unità del paese, come all’inizio del processo è avvenuto in Libia; in Iraq e Libano la parcellizzazione del potere in macroregioni è già operativa da tempo, si tratta solo di cambiare gli equilibri interni. Putin incontrerà Pezeshkian presto.

L’Ordine Nuovo usa le speranze delle diverse tensioni nazionali che ambivano a Damasco, Beirut, Baghdad, come a Teheran a maggiore libertà e al rovesciamento del potere confessionale, ma si comporrà alla fine in un ennesimo tipo di colonizzazione delle province ottomane secondo una nuova ulteriore formula sionista (ma non solo)… forse tracciata con lo stesso righello di Sykes e Picot.

Fin qui la geopolitica, che non prevede azione popolare che non sia organizzata e manipolata da organizzazioni, organismi politici, statali o religiosi. Ma al di là dei preti di vario tipo o dei nazionalisti fascistoidi di tutte le parti, esiste come in ogni guerra la carne da macello e la situazione attuale ci ha riportati al dibattito e alla prassi del mondo all’inizio della Prima guerra mondiale (e dunque all’epilogo alla Sykes-Picot che ne seguirà); alle vittime viene sottratta la possibilità di ribellarsi sotto le bombe, e agli astanti la volontà di intervenire sopraffatti dalla propaganda che ha sostituito in toto l’informazione con i dispacci di guerrafondai, militari e politici schierati con il più forte: pieni di eroismo, retorica del nemico, ostracismo della ragione.

Per questo proponiamo questo intervento di Lorenzo Forlani ai microfoni di Radio Blackout, frequentatore del MedioOriente e raffinato conoscitore del Libano.

Ascolta “Una alternativa alla narrazione sionista globalizzata” su Spreaker.