Lima: il Muro della Vergogna
Testo di Piero Grippa, mappe di Luigi Giroldo
43 distretti, 10 milioni di abitanti, l’unico vero centro nevralgico di un paese geograficamente enorme. La grande testa di un corpo piccolo, come qualcuno la definisce raffrontandone i servizi rispetto a quelli del resto del Perù. La percezione del confine è costante per chi percorre le strade congestionate di Lima, basta attraversare il tracciato del treno, guardare i palazzoni di Miraflores, l’elegante centro, le villette di San Isidro, e poi alzare lo sguardo verso i cerros, grosse dune di terra e sabbia gremite di case di fortuna.
43 distretti, 10 milioni di abitanti, e un muro di 10 chilometri che se ci sbatti il muso non ti permette più – se mai ci fossi riuscito – di far finta di non vederlo, quel confine evidente in tutta la metropoli. Lima, il miraggio di una vita più serena, la grande città dove trovare lavoro e costruirsi un’esistenza per qualcuno impossibile da immaginare nei villaggi di provincia. La provincia, prima invasa e saccheggiata dagli imperi europei, oggi stritolata da compagnie minerarie. In mezzo, il periodo En la boca del lobo – come recita uno dei film più importanti prodotti in Perù nel 1988 per la regia di Francisco Lombardi – tra le minacce dei guerriglieri terroristi di Sendero Luminoso e della repressione governativa che non guardava in faccia a nessuno.
Erano gli anni Ottanta e Novanta, un periodo ricordato dai peruviani come “il terrorismo”, ma a cui ci possiamo riferire con l’espressione “guerra civile”: prendeva corpo la massiccia migrazione dalle diverse province del paese verso la capitale, processo in atto ancora oggi, con le “invasioni” dei cerros, che si riempiono giorno dopo giorno. Chi ha costruito la propria casa più in basso è lì da più tempo, e man mano che si scalano le ripide salite degli asentamientos jovenes si trovano meno servizi. C’è chi non ha corrente, acqua potabile, fognature. Pamplona Alta è una di queste zone, all’interno del distretto di San Juan de Miraflores, nel Cono Sud della città. San Juan de Miraflores confina in quella zona con Santiago de Surco, in particolare con la zona di Las Casuarinas. E qui il confine tra amerindi e bianchi di origine europea, tra poveri e ricchi, tra i delinquenti da cui guardarsi per le strade e rispettabili partner di quelle industrie che avvelenano le risorse naturali, si fa steccato, si fa barriera di mattoni, cemento e filo spinato. Il muro della vergogna nasce insieme alle migrazioni interne del Perù, nei primi anni Ottanta, a difesa dei patrimoni immobiliari e dei collegi privati della classe privilegiata del paese. Poi le disuguaglianze sono cresciute, sono cresciuti i nuovi poveri, sono cresciuti i patrimoni e le ville dei ricchi, ed è cresciuto il muro.
I residenti di Las Casuarinas possono contare su checkpoint di controllo, pagando una quota mensile per la propria sicurezza. Molti degli abitanti di Pamplona Alta, invece, non hanno accesso all’acqua potabile, o sono costretti a comprarla attraverso cisterne, a prezzi che possono arrivare ai 9 dollari per metro cubo.
La sicurezza è ciò a cui si appellano i sostenitori del muro, e, a ben vedere, camminare dentro Pamplona Alta non è l’esperienza più serena che si possa fare. Ma è quel confine sociale, fatto cemento e filo spinato, a mantenere viva quella povertà che crea la delinquenza e la violenza delle pandillas, le bande di giovani e giovanissimi che quando non si fanno la guerra tra loro campano di spaccio e piccole rapine con pistole o coltelli.
Il confine si fa sempre più stringente, dalla depauperazione di risorse naturali, dal prosciugamento delle riserve idriche, dalla insufficienza di servizi nella provincia, fino allo sbarramento fisico di chi cerca “una vita migliore”. Come a dire, più in là di così non puoi sognare di andare, il tuo posto è questo, oltre, ci siamo noi. E poco importa che parecchi abitanti di Pamplona Alta lavorino nelle case di Surco, scavallare il cerro non si può, bisogna fare un giro lunghissimo e passare delle ore in piccoli autobus di compagnie private, affollati, che sfrecciano l’uno sull’altro per accaparrarsi quanti più passeggeri possibile.
C’è anche la solidarietà, a Pamplona Alta, ovviamente. I comedores populares forse non sfamano più chi non ha assolutamente nulla, come succedeva negli anni Novanta, ma continuano a sostenere chi fa una vita complicata, e i figli di chi deve stare fuori casa troppe ore per racimolare qualche spicciolo. Ci sono le polladas, pranzi in comune organizzati da famiglie che hanno bisogno di tirare su qualche soldo extra, quasi sempre per emergenze mediche. Basta comprare un tagliando, contribuire alla raccolta e poi andare a mangiare il tuo pezzo di pollo con tutti quelli che sai, e speri, farebbero lo stesso anche per te se mai ne avessi bisogno.
Il muro della vergogna ha continuato a crescere fino a pochissimi anni fa, e per la classe agiata e privilegiata del Perù è sempre più facile non vedere chi è socialmente il loro completo opposto. Dall’alto di Pamplona Alta, invece, la vista su Las Casuarinas è sempre ampia e chiara, i caseggiati bianchi, i giardini curati, le piscine si dominano dalla cima del cerro sfuggendo alla perenne foschia limeña. Forse l’ennesimo schiaffo alla dignità di un popolo costretto a fuggire dall’avvelenamento di risorse naturali su cui ha vissuto per secoli. Forse il manifesto del privilegio capitalista, ammirateci voi che sognate di essere come noi, ma non metteteci di fronte alle conseguenze delle nostre azioni. Ma tra due estremi deve pur esserci una terza via, e di certo non sarà l’abbattimento di un muro a spazzare via una disuguaglianza strutturale costruita nel corso di decenni. Ma quel muro è un simbolo, il simbolo della vergogna delle opportunità negate in partenza, e distruggerlo potrebbe essere il primo passo per non dover più decidere se si vive nel lato giusto o in quello sbagliato.
Per inserire quanto rilevato in queste analisi, di cui le mappe sono l’istantanea grafica più immediata, si possono vedere strategie di sopravvivenza e suggestioni di spazi e distanze anche da questo documentario di Rai3 – Il Fattore Umano, intitolato… Il muro della vergogna (casuale sintonia).