Stop the Wall
Di fronte a tutto questo però abbiamo visto un fiorire di geografie della (R)esistenza che passano per arte, politica, cultura e mobilitazione sociale. Passano per il riscatto attravesro la ribellione a un progetto urbano istituzionale che emargina interi universi culturali e di pensiero alternativo, relegandoli alla periferia fisica e intellettuale: quando non attaccandone direttamente l’integrità fisica.
Marielle come Carolina Maria de Jesús, voce afrobrasiliana delle favelas di São Paulo che negli anni Sessanta prese letteralmente “a pugni” il Brasile e il mondo squarciando il velo che copriva le reali condizioni di vita dei favelados. Dal cuore della favela Canindé, sulla riva del Tietê nella città di São Paulo, la voce di Carolina emerse in modo prepotente raccontando senza filtri il dolore e la fame. Una donna nata il 14 marzo del 1914 a Sacramento, nello stato di Minas Gerais e successivamente emigrata a São Paulo dove lavorò come domestica e raccoglitrice di carta e ferro per la strada. Il suo diario, pubblicato per articoli inizialmente su il giornale O cruzeiro a partire dal 10 giugno 1959 e in forma di libro nel 1960, fu un terremoto letterario. Quarto de Despejo, il nome della sua opera (che ha venduto più di 100.000 copie ed è stato tradotto in più di dieci lingue) parla all’altro Brasile (quello che non vive nella favela) raccontando la sua vita, la sua quotidianità, la fame. Fame, una parola che ritorna in modo costante, quotidiano, quasi una litania dentro le pagine che raccontano la favela tra gli anni 1955 e 1959. Riflessioni asciutte, a volte semplici ma taglienti e penetranti, come quella del 3 giugno 1958:
«Quando sono a corto di soldi, cerco di non pensare ai miei bambini che chiederanno pane, ancora pane e caffè. Devio i miei pensieri al paradiso. Penso: ci sono persone lassù? Sono migliori di noi? Il loro dominio supererà il nostro? Ci sono nazioni così varie come qui sulla terra? O è un’unica nazione? Esiste una favela? E se c’è una favela lì, io vivrò nella favela anche quando morirò?”» (Carolina Maria de Jesús, Quarto de Despejo: diario de uma favelada, con illustrazioni di Vinicius Rossignol Felipe, Sao Paulo, Ática editrice, 2014, p. 50).
São Paulo e il Brasile riconoscono oggi il valore storico, culturale, antropologico e simbolico di quelle parole arrivate dalla Stanza della discarica (traduzione di Quarto de despejo). Parole che mostravano una razzializzazione delle povertà, che per la prima volta parlavano della favela da dentro la favela: aggirando le fredde analisi urbanistiche, statistiche e sanitarie di giornalisti, politici e specialisti vari. Almeno due i grandi omaggi riservati a Carolina Maria de Jesús nel 2022. Il primo è stata una mostra gratuita ospitata dal prestigioso Instituto Moreira Salles, che si trova nell’Avenida Paulista: luogo simbolo del potere economico brasiliano: Carolina Maria de Jesus: un Brasile per brasiliani è il titolo del progetto che è stato inagurato il 25 settembre 2021 e che è rimasto aperto al pubblico fino al 3 aprile 2022. Il secondo è avvenuto il 23 aprile, durante il primo carnevale postpandemia di São Paulo, nel quale la sua figura è stata onorata dalla scuola Colorado do Brás con il tema: Carolina, a Cenerentola Negra do Canindé.. La scuola ha raccontato, in un corteo emozionante, la storia della scrittrice di Sacramento, passando per Franca (dove ha iniziato a vivere con un gruppo circense) e arrivando poi a São Paulo nella favela di Canindé. Svelando un volto doloroso del Brasile, la vita di Carolina è stata raccontata con serietà e rispetto dalla Scuola, cosa che non ha impedito al corteo di essere colmo all’inverosimile di bellezza e colori.
La storia di Carolina e di Marielle ci parla di favelas e popolazione afrodiscendente, un binomio non scontato, non ovvio, ma figlio di politiche decennali di marginazione e di Branqueamento forzato dei centri delle città, che hanno stereotipato la popolazione afrobrasiliana spingendola ai margini (figurativamente e letteralmente) della società.
L’eredità di Marielle e di Carolina
Lo spazio delle donne afrodiscendenti in Brasile è andato dunque crescendo, dentro e fuori dalla favela. Nello stesso anno (il 2018) in cui fu uccisa Marielle Franco per esempio veniva eletta nello stato di São Paulo la prima donna transgender nell’Assemblea legislativa statale. Si tratta di Erica Malunginho da Silva, afrobrasiliana nata a Recife il 20 novembre 1981, affiliata al Partito Socialismo e Libertà (Psol) e considerata una della 100 persone di origine africana più influenti al mondo dal Mipad (Most Influential People of African Descent),ente che fa parte dell’Agenda globale delle Nazioni Unite (Onu). Sulla scia di Malunghiño anche Erika Hilton, donna transgender afrobrasiliana, è stata eletta consigliera della città di São Paulo nel 2020 sempre tra le file del Psol (nominata anche lei dal Mipad). Erika è stata la donna più votata nel 2020 in tutto il Brasile con oltre 50.000 voti ed è la prima trans afrobrasiliana eletta al Consiglio comunale di São Paulo. Donne afrobrasiliane che fanno storia e che evidenziano l’intersezionalità della discriminazione capitalista, razziale e patriarcale. Che dire poi di Sueli Carneiro, filosofa, scrittrice e prominente attivista contro il razzismo nel movimento sociale nero brasiliano. Carneiro è la fondatrice e l’attuale direttrice del Geledés – Instituto da Mulher Negra, ed è considerata una delle principali autrici del femminismo nero in Brasile: nel marzo 2022 è diventata la prima donna afrodiscendente a ricevere un dottorato honoris causa dall’Università di Brasilia.
Malunginho celebrava così questo importante avvenimento storico sul suo profilo instragram ufficiale:
«Il titolo di dottore onorario (in filosofia) assegnato a Sueli Carneiro riflette l’importanza della sua eredità, che è collettiva. Scrivendo, teorizzando e mostrandoci possibili percorsi di emancipazione del nostro popolo, Sueli dimostra che altre destinazioni sono possibili. Un’intellettuale nera che scrive di femminismo nero e tanti altri argomenti e che fa parte della nostra saggezza ancestrale. La conoscenza è una tecnologia che le donne nere ci hanno insegnato a padroneggiare…
… Congratulazioni a Sueli Carneiro e a tutte le donne nere che costruiscono la conoscenza in questo paese molto diseguale chiamato Brasile. Viva la vita e il lavoro di Sueli!»
Pochi giorni prima invece, Erika Hilton, chiudeva un cerchio che ci ha portato da Carolina a Marielle per poi arrivare all’attivismo delle trans afrobrasiliane. La Hilton annunciava sul suo profilo instagram diverse attività per ricordare e onorare l’autrice di Quarto de Despejo:
«Nonostante oggi sia stato segnato dal triste ricordo dell’omicidio di Marielle Franco, molti anni prima, nel 1914, un altro evento segnò la stessa data, ma con gioia: la nascita della scrittrice e multiartista Carolina Maria de Jesus.
Nata nella città di Sacramento, nello stato di Minas Gerais, fu nella città di São Paulo che Carolina scrisse la sua opera e incise il suo nome nella Storia. L’autrice di Quarto de despejo: diario di una favelada, Casa de Alvenaria, tra gli altri titoli, poesie e canzoni, ha affrontato la fame, ha lavorato come raccoglitrice di materiali riciclabili e ha lasciato un’eredità di arte e lotta di cui siamo orgogliosi e orgogliose e che ci ispira».
Erika Hilton continua poi spiegando nel testo della pubblicazione che in memoria di Carolina Maria de Jesus, tra le varie iniziative, è stato creato il Fondo municipale per combattere la fame, è stato instituito (proprio da Hilton) il Premio Carolina Maria de Jesus che sarà assegnato ogni anno per riconoscere pubblicamente il lavoro delle donne nere nell’arte e per i diritti umani e infine, è stata presentata una proposta di legge per l’installazione di un’opera d’arte in onore di Carolina Maria de Jesus nei dintorni della Biblioteca Mário de Andrade.
Chiudo questo testo (che potrebbe durare ancora molte pagine) con un consiglio di lettura, che arriva da un’altra attivista e giornalista brasiliana che definisce se stessa latino-amefricana. Sto parlando di Michele Carlos, che parlando di A Radical Imaginação Política das Mulheres Negras Brasileiras scrive quanto segue:
«Il libro porta una raccolta di testi di donne nere, in tempi diversi, che, nelle loro azioni come agenti di trasformazione in politica, hanno portato discussioni e soluzioni ai problemi della società. Da qui il “RADICAL”, dalla radice, cercare il cambiamento alla base, guardare all’origine del problema. “Immaginazione” non significa il luogo della “non azione”. Piuttosto il contrario. Qui l’immaginazione è vedere, sapendo che ci sono altri percorsi e possibilità per/nella costruzione di una democrazia che rappresenti il popolo. Chiunque riesca a immaginare oltre ciò che è prefissato, può agire promuovendo cambiamenti reali».
E le “donne nere brasiliane” – perché questo è il gruppo di popolazione più numeroso del Brasile. Le donne nere costituiscono il 25 per cento della popolazione, ma devono anche affrontare una maggiore sottorappresentanza negli spazi di potere e decisionali, pubblici o privati».
Il libro è una realizzazione dell’Instituto Marielle Franco e la piattaforma “Donne nere decidono” con la Fondazione Rosa Luxemburgo e riunisce testi di Regina Souza, Marielle Franco, Erica Malunguinho, Benedita da Silva, Leci Brandão, Luiza Barros, Vilma Reis e tante altre. È disponibile anche gratuitamente in pdf.
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