Cancellare l’ambiente per cancellare la cultura indigena
Cortizo doble cara 3
Insomma, nonostante gli accordi raggiunti e il disinnesco momentaneo della boma sociale, si intravedeva già nell’estate del 2022 che il livore verso la figura di Cortizo e in generale verso le istituzioni, attraversava tutto il paese. La questione dell’alto prezzo dei beni di consumo di base rimane aperta e anche la scarsità di medicine (e l’altissimo costo di quelle reperibili) mantengono alta la tensione sociale nel paese. Come se questo non bastasse, con un pessimo timing, il presidente Cortizo aveva approvato il 20 giugno 2022 (dopo aver negato la possibilità di abbassare le tasse sui carburanti) degli sgravi fiscali per il settore alberghiero (legge 314 che modifica la legge 80 del 2012) diminuendo ancora di più la sua credibilità di fronte alla popolazione. Inoltre, lo scandalo già soprannominato McCallan 18 anni che ha visto come protagonisti alcuni deputati dell’assemblea (1° luglio 2022) ha gettato ancora più benzina sul fuoco e tolto credito alle istituzioni. Uno scandalo partito da un video diventato subito virale dove si vedono i deputati del Partido revolucionario democrático (Prd) celebrare con un bottiglia di whiskey McCallan che nel paese centroamericano costa (nei supermercati) quasi 400 dollari. La sensazione generale è quella dunque di una diffusa corruzione e di una continua malversazione del denaro pubblico ad appannaggio di pochi eletti e delle grandi imprese che si beneficiano di un sistemico e atavico clientelismo.
Depredazione ambientale e capitalismo selvaggio come “marca paese”
Chi non conosce Panama potrebbe pensare che il contesto relativo a Minera Cobre Panama nella provincia di Colón sia un caso isolato. Purtroppo non è così. Il Ciam, Radio Temblor e altre piattaforme di attivisti che monitorano e difendono i diritti della popolazione denunciano da anni uno spietato e sistematico utilizzo del capitale, spesso straniero, per operazioni di trasformazione del territorio, rurale e urbano, con il fine di massimizzare i guadagni senza considerare nessun tipo di esternalità negativa per gli abitanti della zona.
Cancellazione della cultura Ngäbe-Buglé e del suo fiume Tabasará
In termini ambientali possiamo citare per esempio il caso della dura repressione sofferta dagli indigeni Ngäbe-Buglé, come mi è occorso raccontare mentre mi trovavo a Panama nell’autunno del 2021. Il 29 ottobre di quell’anno infatti un gruppo di indigeni del popolo Ngäbe-Buglé che ancora resistevano sulle rive deli fiume Tabasará, nella zona adiacente al progetto idroelettrico di Barro Blanco, fu sgombrato con la forza dalla polizia nazionale panamense. Uomini, donne, bambini e anziani rimasero gravemente feriti (Attenzione, immagini molto forti) dall’impatto di proiettili di gomma sparati dalle guardie in tenuta antisommossa.
Il Collecttivo Voci Ecologiche – Covec denunciò in un manifesto l’accaduto, sottolineando l’ipocrisia dell’operato dell’attuale presidente di Panama, Laurentino Cortizo, che proprio nei giorni successivi agli scontri, partecipò a Glasgow alla Cop26 parlando delle misure adottate dal suo governo per rispettare la natura e i popoli indigeni:
«Il nostro impegno inizia col rispettare i popoli originari e le nostre foreste, misure attraverso le quali proteggiamo il 33% della superficie del nostro paese», dichiarava Cortizo in Scozia.
Nel documento del Covec leggiamo però che:
«La realtà è esattamente il contrario e come se questo non bastasse il governo ha appena approvato il Decreto Esecutivo N.141 del 2021 che crea i Certificati di Accreditamento di Uso del Suolo in Aree Protette con il quale punta a riconoscere diritti di proprietà (e sfruttamento) dentro le aree protette. Una chiara evidenza che il business della terra viene realizzato a esclusivo vantaggio delle multinazionali e delle imprese estrattive».
Una ennesima manifestazione di uno stato che nella zona di Barro Blanco (Caña Blanca de Tolé, provincia di Chiriquí) non riconosce ai membri della comunità indigena Ngäbe-Buglé il loro diritto di abitare un territorio al quale sono legati ancestralmente. L’azione della polizia mirava a sfollare membri della comunità indigena che abitano quelle terre da anni, una zona di “pubblica servitù” e sulla quale pende un contenzioso amministrativo non ancora risolto. Molte di quelle famiglie sono inoltre doppiamente sfollate perché avevano già perso i loro terreni a seguito della creazione della diga sul fiume Tabasará: un megaprogetto che ruota intorno alla centrale idroelettrica di Barro Blanco e che ha inondato 250 ettari di territorio, “uccidendo” lo stesso Tabasará.
Disastro ecologico-culturale
Un fiume trasformato oggi in un lago artificiale, che si trova dentro la Comarca Ngäbe Buglé, divisione amministrativa territoriale creata con la legge numero 10 del 7 marzo 1997. Le comunità indigene che abitano la suddetta Contea hanno provato a salvarlo (senza riuscirci) e con lui tutto un ecosistema purtroppo spazzato via dal progetto. La resistenza è iniziata nel 2008 (anche se fin dagli anni Settanta gli indigeni si sono fortemente opposti a interventi di sfruttamento massivo del loro territorio ancestrale) ed è proseguita con sorti alterne per anni.
Il fiume era utilizzato per la pesca di sussistenza dalle popolazioni autoctone e non (che ottenevano così un’importante fonte di cibo); ma anche in quanto luogo di svago, come di venerazione – ricco di incisioni rupestri, come fonte di acqua potabile e come mezzo di accesso e trasporto di merci ad altre città.
Inoltre i boschi circostanti, intrinsecamente dipendenti dal fiume, fornivano carne per la popolazione, legname per case, mobili, tralicci e barche, piante medicinali, materie prime per la produzione di articoli per uso personale e commerciale (come cesti, cappelli e borse). Tra i luoghi colpiti dal progetto alcuni dei punti simbolo dell’organizzazione e incontro della comunità: spazi di grande simbolismo religioso, educativo e culturale della zona, dove tra le altre attività si insegnava alle nuove generazioni la lingua Ngabere. Qui di seguito un ascolto tratto dal sito “Indomables”
Un granello di sabbia nell’ingranaggio?
Il 28 novembre, diversi settori sociali, organizzazioni sociali e cittadini sono scesi in piazza per celebrare la sentenza di incostituzionalità emessa dalla Corte suprema di giustizia contro il contratto della Legge mineraria 406. Più di un mese di resistenza e lotta nelle strade di diversi settori, che hanno visto i settori sociali schierati compattamente contro l’estrattivismo minerario, prospettando una serie di conseguenze a livello economico, ambientale, di diritti umani e di ingovernabilità socio-ambientale ed evidenziando la mancanza di trasparenza, la corruzione e il legame di alcuni rappresentanti del governo legati a membri della famiglia con scopi commerciali con l’impresa Minera Cobre Panama, hanno ottenuto una prima soddisfazione. Il granello di sabbia nel meccanismo estrattivista sarà più risolutivo dei suoi precedenti?
Questo il comunicato su Instagram di Minera Cobre Panama:
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Questa società operava dal 1997 attraverso un contratto di legge in cui non vi era alcuna partecipazione dei cittadini, con irregolarità anche nello studio di impatto ambientale.
Nel 2017 la Corte Suprema di Giustizia aveva emesso una sentenza, in cui se ne dichiarava l’incostituzionalità, tuttavia l’azienda e il governo centrale non si sono mai conformati a questa sentenza, che è diventata un oltraggio alla corte ed è rimasta lettera morta. La società Minera Panama ha continuato a esportare, sfruttare e operare in questa regione del paese, in particolare nel Corridoio Biologico Mesoamericano, dove esiste anche una ricca biodiversità e un’area protetta, oltre che una cultura comunitaria.
Dighe e discariche: uccisione del fiume Tabasará…