Bollicine di Chanteclaire galleggiano sul Chao Praya
caro Gabbiere,
stiamo facendo scorrere troppo tempo nel flusso dei dialoghi. Ma ora ho un buon pretesto per riprenderli. Con gran facilità per me. Meno per te ma sei l’unico cui mi sento di affidare la decrittazione di un testo che mi ha raggiunto da Bangkok.
È il commento al mio, nostro, Bangkok. Lo ha scritto Maurizio Mistretta “Khunmau”, regista, autore, attore visionario che a me ricorda un po’ Jodorowsky, o forse Artaud. A Maurizio devo l’ispirazione per un capitolo di Bangkok, quello sugli “Utili Idioti”, come il titolo di un suo film.
Ecco quello che scrive. A te la risposta.
Papa Max
Finalmente sono riuscito a comperare il bellissimo libro di Massimo-Morello-BANGKOK, esempio fluorescente di comunicazione diagonale rovesciata. La comunicazione è diagonale per dar modo allo spettatore di visualizzare una realtà dove spazio e tempio [sic] generano un connesso spazio adiacente dove, finalmente anche le rette parallele si incontrano. Con mio sbalordimento totale c’è un capitolo dedicato a un mio vecchio film, Useful Idiots. Qui l’autore ne elogia troppo generosamente la bellezza che sicuramente c’è nascosta tra le pieghe delle stoffe che svolazzano allegramente come le nostre vite. Penso che Massimo abbia colto molto l’aspetto rovesciato del film e meno quello dritto, senza dubbio più convincente e umano e che non voglio rivelare per non svelarlo a coloro che sono desiderosi di gustarselo. L’aspetto sicuramente più curioso di questo splendido libro viola è che l’autore vive tra Bangkok (appunto) e Marsiglia, città divenuta simbolo grazie al suo sapone. Un sapone abbastanza irritante e avaro e spesso poco efficace per la pulizia corporea, tanto che preferisco lavarmi con la più tiepida acqua di sorgente. Nel vuoto centro commerciale in cui girovagavo senza ispirazione, mi è venuta comunque la voglia di comperare con i miei pochi risparmi almeno un esemplare del suddetto sapone, ma niente, non c’era. Avrei voluto urlare qualcosa di inconsulto, ma voltandomi a destra e poi a sinistra e poi ancora a sinistra e poi di nuovo a destra. Niente! Il vuoto assoluto. Erano tutti morti.
#controindicazioni>attenzione il post è in semirovesciata è va letto nello spazio connesso adiacente.
Khunmau
True Mirror
Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri
C’è grosso disagio nei passaggi epocali
caro Papa Max,
credo che stavolta ti “ribalto” la facilità, interpellandoti sul tuo vissuto a cavallo tra mondi: gli ingredienti si prestano se impastellati nel surrealismo un po’ crudele con cui si è affrontato un aspetto non secondario del tuo lavoro su Bangkok… Ma andiamo con ordine.
Il mito sacralizza il tempo, in questo caso direttamente divenuto tempio nel refuso che rende Kronos luogo di culto, territorio sacralizzato che fa da tramite verso un tempo diversamente perduto nel mito di uno spazio che fino a un certo momento si percepisce come contiguo e a tratti visitabile… anche quello dell’esotico, sia esso focese che siamese; il rito sacralizza invece lo spazio, in questo caso adiacente, parallelo, borgesiano… scomparso con lui, che per proprietà transitiva latina, sfocia in Fando y Lis, il paese dei desideri distopico di Jodorowski, il cileno che accortamente cogli come figura di crudeltà surreale che insapona, rendendo sfuggente Khunmau, inglobato in altri miti lisergici perduti da una generazione che si trova “nuda” alle soglie di un nuovo cambio epocale, senza attrezzatura: abbiamo dissolto tutto (ideologia e suo superamento, Storia e sua fine, narrazione e “comunicazione diagonale”, giovanilismo e gerontocrazia, prima combattuta e poi incarnata pervicacemente), svuotando il centro commerciale.
Sono comunque tutti mezzi di sacralizzazione di spazi e tempi non più raggiungibili nella loro forma auspicata e che fanno da ingresso nello specchio (Cocteau a monte di tutti questi transiti da un universo all’altro?), un riflesso di un mondo che sta lasciandosi alle spalle molte sue espressioni nel passaggio epocale facendo così trionfare il disagio, il malessere, lo smarrimento dati dall’assenza di ciò che, con un nuovo atteggiamento, può subentrare al vecchio che non se ne va e come nella versione di Epstein (non Netflix!) della Chute de la Maison Usher rischia di trascinarsi nella tomba in un unico gorgo chi è vicino e non riesce a sottrarsi all’abbraccio dell’usura… e che nemmeno il vecchio sapone di Marsiglia può emendare, perché – come era scritto sui muri torinesi degli anni Settanta di un quartiere allora multiclassista e che ospitava uno dei più radicali Circoli del proletariato giovanile (i sopravvissuti dei Cangaceiros del Parco Rignon sono pochissimi, decimati dalla perdizione della persecuzione dello stato, della droga, del degrado neoliberista… della sconfitta): “La morte, quantitativamente sconfitta dai progressi della medicina, si impone qualitativamente nella sopravvivenza”. Pervade di sé ogni anfratto del racconto, per quanto lo si rovesci e si tenti di porlo in salvo in un universo sempre parallelo, che ancora non si manifesta con la parvenza del nuovo, che ancora non appare nel Mu (il vuoto), mentre il vecchio opera per trascinare con sé le vestigia del suo mondo consumato del tutto.
E allora ti chiedo, caro Papa Max, quel mondo rovesciato contiene insieme i Quai – Vieux Port marsigliesi di Izzo, riattati alla plastificazione della movida e i vuoti grattacieli che riempiono lo spazio del loro nulla disabitato divorandosi lo skyline di Bangkok come nella copertina del tuo splendido libro? è l’incubo che inquieto scruti sulla soglia del mondo adiacente quando riversa l’acqua del porto focese nel Golfo del Bengala? Si possono mescolare le acque senza apparire ridicoli?
el Gaviero
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