Da un imperialismo all’altro… l’arroganza di Washington
L’importanza geopolitica del Canale
Non è però possibile capire la storia di Colón e dello Repubblica di Panama senza fare riferimento alla creazione della zona del Canale e all’ingerenza degli Stati Uniti d’America nelle vicende interne di questo paese centroamericano.
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Concessione capestro
Tutto parte dal Trattato Hay-Bunau Varilla. siglato solo15 giorni dopo l’indipendenza di Panama dalla Colombia (avvenuta il 3 novembre 1903) e che dava agli Usa la concessione per la costruzione del Canale, la sua gestione perpetua e il possesso infinito di una fascia adiacente al percorso del Canale di 16 km (10 miglia) di estensione su ogni lato (est ed ovest). La storica panamense Marixa Lasso nel suo controegemonico libro “Erased: The Untold Story of the Panama Canal” (2020) ci aiuta a capire come i termini di quel trattato furono volontariamente “mal interpretati” dagli Usa, che imposero una lettura unilaterale degli accordi con conseguenze drammatiche sia per gli abitanti originari di quella che divenne poi la Zona del Canale sia per il paese centroamericano in generale.
Un territorio occupato e diviso in due
Con l’applicazione di questo trattato si divideva di fatto il paese centroamericano in due, con una frangia di 16 km che costeggiava sui due lati il Canale, spazio nel quale vivevano migliaia di statunitensi con le loro famiglie, in una vera e propria enclave Usa, che funzionava con leggi e regole proprie. Gli abitanti di questa zona erano chiamati zonians (dall’inglese) e vivevano isolati, protetti dalla polizia del Canale e dalle truppe dell’esercito Usa. Un territorio al quale i panamensi non avevano accesso (se non con permessi speciali) e nel quale il tenore di vita era molto più alto che nel resto di Panama. I cittadini di Panama vissero per anni in un clima di discriminazione, ingerenza, disprezzo e soprusi da parte del contingente Usa formato da civili e militari e le tensioni crebbero per anni, fino ai fatti drammatici del gennaio del 1964.
Costante riproposizione di imperialismi nei secoli
Contesto imperialista negli anni Sessanta
Fatti che si verificarono in un contesto internazionale molto volatile e di necessaria comprensione per analizzare la trascendenza del sacrificio di quei giovani panamensi, passati alla storia come martiri della patria. Dobbiamo ricordare infatti che il 1° gennaio 1959 aveva trionfato la rivoluzione castrista a Cuba e in tutta la regione soffiava un forte vento antimperialista. A Panama, dove gli Usa esercitavano de facto la sovranità sulla zona del Canale, questo sentimento crebbe e nutrì le giovani menti delle nuove leve, studenti convinti di dover fare la loro parte nel grande “gioco” della storia. Inoltre, pochi mesi prima di quel fatidico 9 gennaio, ricordato appunto come “giorno dei martiri”, venne ucciso a Dallas il presidente degli Stati Uniti d’America John Fitzgerald Kennedy (22 novembre 1963), scatenando una convulsione nazionale che si sommava alla lotta del movimento per i diritti civili delle persone afroamericane e al momento algido della guerra fredda contro l’Unione Sovietica. Nell’agosto del 1964 inoltre gli Stati Uniti d’America entrarono ufficialmente nel conflitto del Vietnam (durato fino al 1975) aprendo un nuovo fronte di lotta internazionale. Il Canale di Panama non era dunque un elemento scollegato dalla trama internazionale ma era bensì un pezzo chiave della scacchiera geopolitica dell’epoca, dove gli Stati Uniti d’America guidavano la loro azione politica in America Latina basandosi sulla “dottrina Monroe”. Una dottrina elaborata dal presidente James Monroe nel suo discorso del 2 dicembre 1823 al Congresso e che stabiliva che gli Stati Uniti d’America non avrebbero tollerato l’ingerenza delle potenze europee nel continente americano. Essa stabiliva inoltre che qualsiasi intervento degli europei nelle Americhe sarebbe stato visto come un atto di aggressione che avrebbe richiesto l’intervento degli Stati Uniti d’America.
La Mattanza…
Fu dunque in questo contesto che il 9 gennaio 1964 decine di giovani studenti marciarono stringendo tra le mani la bandiera di Panama verso la Zona del Canale, area che come detto era fortemente protetta da un contingente militare degli Stati Uniti d’America. Quel giorno, secondo i documenti che furono declassificati anni dopo dal governo di Washington, la polizia della Zona del Canale sparò 600 colpi di fucile, 132 bombe lacrimogene e 1850 proiettili di revolver calibro 0,38. In quegli scontri morirono 22 panamensi e 4 statunitensi, e si registrarono più di 400 feriti. Un giorno drammatico, nel quale si manifestò tutta la spietata e cinica forza bruta dell’imperialismo Usa. Un evento che però lasciò un segno indelebile nelle menti e nei cuori dei panamensi e che favorì la revisione degli accordi sulla sovranità territoriale nel Canale: revisione sfociata nell’abolizione del concetto di controllo “perpetuo” sulla Zona del Canale da parte degli Stati Uniti d’America e nella firma dei Trattati Torrijos-Carter nel 1977.
… e la Dignità
Dopo la repressione del 9 gennaio 1964 infatti, l’allora presidente della Repubblica di Panama, Roberto Francisco Chiari Remón (conosciuto come Roberto Chiari), compì un atto senza precedenti nella storia del piccolo stato centroamericano: rompendo le relazioni diplomatiche con gli Usa. L’azione di Chiari non solo fu coraggiosa ma creò anche un punto di frattura storica in relazione al vassallaggio esercitato dal gigante nordamericano nei confronti degli stati sotto la sua orbita di influenza. Il 15 gennaio Chiari lanciò dichiarazioni infuocate, inspirate dal sacrificio dei suoi concittadini caduti sotto il fuoco delle truppe del Canale per aver difeso la bandiera patria: Panama non avrebbe riallacciato relazioni diplomatiche con gli Usa a meno di una revisione sostanziale del Trattato Hay-Bunau Varilla. Chiari, che fu presto soprannominato dal popolo come “Presidente della Dignità” decise di non dare più corso allo storico sopruso del trattato del 1903 e forzò la mano di Washington che dovette cedere alle pressioni, acconsentendo alla revisione dei termini degli accordi di inizio secolo. Nell’aprile del 1964, Lyndon B. Johnson (prima vicepresidente di J.F. Kennedy e successivamente 36esimo presidente USA) accettò l’apertura di un dialogo per l’eliminazione della causa del conflitto, inviando a Panama il delegato speciale Robert Anderson per avviare i negoziati. Ci vollero ancora 15 anni ma nel 1979 la Zona del Canale venne “cessata” e fu iniziato il processo di passaggio di proprietà degli immobili così come lo smantellamento delle basi militari Usa nella zona. Finalmente, in adempimento a quanto stabilito nei Trattati Torrijos-Carter (concernenti la Neutralità Permanete e il Funzionamento del Canale di Panama), a mezzogiorno del 31 dicembre 1999, il governo degli Stati Uniti d’America trasferì il controllo del Canale di Panama al governo panamense.
I fatti del 9 gennaio 1964
Operazione sovranità
Quanto successo in quei giorni di gennaio affonda le radici negli accordi del 1903 e in una ingerenza sulla sovranità territoriale esercitata per decenni dagli Usa sul territorio della Repubblica di Panama. Come detto gli abitanti statunitensi della Zona del Canale erano chiamati zonians e vivevano in una realtà parallela rispetto al resto della popolazione di Panama, cittadine e cittadini che dopo anni di separazione, soprusi e boicottaggi, covarono un sentimento di rivalsa che portò ad azioni concrete iniziate nel 1958. In quell’anno ebbe luogo la dimostrazione chiamata Operazione Soberania, attraverso la quale un gruppo di audaci studenti universitari “piantarono” 75 bandiere panamensi nella Zona del Canale. Il motto degli studenti all’epoca era «el que siembra banderas, cosecha soberanía» (chi semina bandiere, raccoglie sovranità), come ricorda uno di protagonisti di quegli eventi, lo scrittore e storico Ricardo Ríos Torres intervistato da BBC nel 2019. L’anno successivo gli stessi studenti organizzarono quella che venne chiamata Marcia Patriottica, invitando i cittadini panamensi a entrare in modo pacifico nella Zona del Canale sotto giurisdizione Usa. Il governatore della Zona del Canale, che all’epoca era William Everett Potter, dette però l’ordine alla polizia di fermare i manifestanti e di impedire loro l’ingresso: scatenando tumulti e scontri che terminarono con un saldo di vari feriti.
Disfide di bandiera
È in questo contesto di tensione che arriviamo alla “quistión de la bandera”, pomo della discordia che scatenò le proteste del 9 gennaio 1964. Per far fronte al crescente nervosismo intorno alla Zona del Canale e alle dispute tra i cittadini dei due stati, i presidenti di Panama e Usa dell’epoca (Roberto Chiari e J.F. Kennedy), giunsero a un accordo nel 1962. Con quella negoziazione si decise che a partire dal 1° gennaio 1964, nei luoghi civili dentro la Zona del Canale, sarebbero state fatte sventolare sia la bandiera statunitense che quella panamense. Giunti però alla fatidica data del 1°gennaio del ’64, gli zonians non rispettarono l’ordinanza del governatore (che dal 1° febbraio 1962 era Robert John Fleming) e issarono solo la bandiera statunitense in segno di protesta e provocazione. Gli abitanti della Zona ritenevano infatti che il provvedimento minasse la memoria dei loro antenati, coloro che avevano costruito il canale e lo avevano gestito per 60 anni. Molti di loro erano nati lì, convinti di essere parte di una missione civilizzatrice su grande scala, sentivano di essere creditori di un ringraziamento da parte dei panamensi e non delle loro “arroganti pretese”.
Il caso più noto fu quella della Balboa High School (Scuola Superiore Balboa) dove il 7 di gennaio gli studenti si rifiutarono di seguire le istruzioni date dall’amministrazione del Canale e non issarono la bandiera del paese centroamericano insieme a quella Usa. Il gesto di sfida della Balboa High School fu raccolto dagli studenti dell’Istituto Nazionale di Panama, una scuola pubblica conosciuta popolarmente come “Nido de águilas” (Nido delle Aquile), che il 9 di gennaio si diressero verso la Zona del Canale. Gli studenti panamensi marciarono con alla testa la bandiera di Panama e un cartello con la scritta “Panamá es soberana en la Zona del Canal” (Panama è sovrana nella Zona del Canale). Sei di loro, arrivati nei pressi della Balboa High School, dopo aver ottenuto il permesso delle autorità per issare la bandiera, vennero affrontati però dagli zonians della scuola.
Scontri e polizia assassina (ACAB)
Nei tumulti che seguirono la bandiera di Panama venne strappata e oltraggiata e gli studenti dell’Istituto Nazionale dovettero fare dietrofront. Malconci e umiliati i giovani del Nido delle aquile raccontarono quanto successo e la loro storia accese la miccia definitiva. Le radio di Panama raccontarono l’accaduto a un popolo che tratteneva a stento l’ardore patrio: migliaia si riversarono ai limiti della Zona del Canale. La polizia del Canale si vide presto superata e cominciò a sparare: il quel momento cadde il primo martire di quel drammatico giorno. Si trattava di Ascanio Arosemena Chávez, giovane dirigente studentesco che aveva da poco compiuto 20 anni e che si trovava in prima fila per aiutare i feriti. A rinforzo della polizia del Canale arrivarono i militari della vicina base Usa, moltiplicando così in breve tempo i morti e i feriti.
Nel frattempo la città di Colón, nella parte atlantica del Canale, si univa alle proteste amplificando la magnitudine dello scontro. Nella Città di Panama i negozi statunitensi divennero bersaglio della furia della folla, case e botteghe vennero date alle fiamme, stessa sorte che toccò all’edificio appena inaugurato della compagnia aerea Usa, Pan American Airlines.
Qui i nomi dei martiri panamensi di quel fatidico giorno: Ascanio Arosemena Chávez, Gonzalo Antonio Crance Robles, Teófilo Belisario De La Torre Espinosa, Jacinto Palacios Cobos, Alberto Oriel Tejada, Ezequiel Meneses González, Luis Vicente Bonilla Cacó, José Enrique Gil, Alberto Nichols Constance, Víctor Manuel Iglesias, Rodolfo Sánchez Benítez, Víctor Manuel Garibaldo Figueroa, Gustavo Rogelio Lara, José Del Cid Cobos, Ricardo Murgas Villamonte, Rosa Elena Landecho, Ovidio Lizandro Saldaña Armuelles, Etanislao Orobio Williams, Maritza Avila Alabarca, Carlos Renato Lara, Evilio Lara e Celestino Villareta.
Operation Just Cause (Operazione Giusta Causa)
La storia degli Usa con Panama non termina però con i Trattati Torrijos-Carter nel 1977, ma vede un altro capitolo oscuro che si sviluppò 10 anni prima della consegna definitiva del Canale alle autorità panamensi.
Il 20 dicembre 1989 infatti si produsse l’invasione statunitense di Panama, sotto il nome in codice di “Operation Just Cause”. L’operazione, durata circa due settimane (terminò ufficialmente il 3 gennaio 1990), fu la risposta alla dichiarazione di guerra pronunciata il 15 dicembre da Noriega, generale e dittatore del paese centroamericano dal 1983. Noriega in passato era stato un collaboratore della Central Intelligence Agency (Cia) e conosciuto per essere particolarmente spietato e opportunista. Soprannominato Cara de Piña (Faccia d’Ananas), Noriega si mosse nel contesto della guerra fredda con furbizia e destrezza tra gli interessi e le manovre diplomatiche delle due superpotenze. Tuttavia, quando Washington gli ritirò l’appoggio (accusandolo di estorsione e narcotraffico), decise di dichiarare “guerra all’impero”. George H.W. Bush, presidente statunitense dell’epoca non tardò nel rispondere e decise di inviare a Panama 26.000 militari. Le truppe Usa usarono l’artiglieria e la forza aerea per bombardare i centri nevralgici del paese soprattutto a Città di Panama e Colón. Uno dei luoghi più bombardati fu il quartiere popolare del Chorrillo (nel casco storico della Città di Panama), dove 20.000 persone vennero sfollate e dove ancora oggi non si conosce il numero esatto dei morti causati da quell’operazione.
L’episodio del podcast Indomables, delle giornaliste indipendenti panamensi Leila Nilipur e Melissa Pinel dal titolo “Quien se acordarà de nosotros” (Chi si ricorderà di noi), ci aiuta a fare luce sui centinaia di desaparecidos che conseguirono a quell’attacco.
Un’operazione militare che fu condannata dalla Nazioni Unite e dall’Organizzazione degli Stati Americani (Oas), come violazione della stessa Carta costitutiva dell’organizzazione. Inoltre, il 29 dicembre 1989 l’Assemblea Generale dell’Onu condannò ufficialmente l’intervento militare come una flagrante violazione del diritto internazionale con 75 voti a favore, 20 contrari e 40 astensioni. Le forze di occupazione statunitensi appoggiarono successivamente l’insediamento, come presidente e vicepresidente della repubblica, di Guillermo Endara e Ricardo Arias Calderón nella base militare di Clayton: Endara aveva vinto le elezioni (poi annullate da Noriega), celebratesi nel maggio del 1989 capitanando l’Alianza Democrática de Oposición Cívilista (Adoc). Come risultato dell’intervento militare Usa, non solo Noriega venne arrestato il 3 gennaio 1990 (e condannato il 16 settembre 1992 a 40 anni di carcere, poi ridotti a 30) ma venne abolito definitivamente l’esercito del paese centroamericano. Infatti, per evitare la possibilità di un altro regime militare, il governo di Panama decise di seguire l’esempio del vicino Costa Rica e, nel febbraio 1990, non ripristinò le forze armate.
Nel 1994, tale divieto venne incluso nella Costituzione all’articolo 310, che stabilisce che «la Repubblica di Panama non ha un esercito» e aggiunge che sono tutti i cittadini di Panama a dover «prendere le armi per difendere l’indipendenza nazionale e l’integrità territoriale dello stato».