Panama: un ecocidio senza fine
Devastazione mineraria: neocolonialismo canadese
¡Ya Basta extractivismo!
Nel mese di settembre 2023 sono cominciate a Città di Panama (e altre zone del paese) delle proteste, all’inizio solo di poche centinaia di persone, per manifestare il dissenso alla nuova espansione dei progetti minerari nella provincia di Colón. La concessione che ha scatenato il malcontento popolare riguarda un territorio di 12.000 ettari nel distretto di Donoso, un ecosistema che include una foresta protetta e che fa parte del corridoio biologico mesoamericano: un importante santuario per migliaia di specie animali e piante.
Pochi giorni prima , il 28 di agosto, era stato dato il via ufficialmente al dibattito parlamentare di un progetto di legge per la firma del nuovo contratto tra lo Stato panamense e la filiale Minera Cobre Panamá della compagnia canadese First Quantum Minerals, negoziazione che riguarda la regolarizzazione della concessione per lo sfruttamento di una zona mineraria già in disputa dalla seconda metà degli anni Novanta.
Da quelle prime proteste – capeggiate da pochi ambientalisti, alcune ong e membri delle comunità indigene – è sorto un enorme movimento di persone che ha portato a varie giornate di sciopero nazionale e centinaia di migliaia di manifestanti sfilare per le strade di Città di Panama e nelle altre principali province del paese. Una marea eterogenea di cittadini e cittadine che al grido di Questa terra non si vende, questa terra si difende o Panama vale di più senza sfruttamento minerario hanno obbligato il presidente della Repubblica Laurentino Cortizo a «dar la cara» (metterci la faccia) e pronunciarsi.
Cortizo doble cara 1
Cortizo (in scadenza del mandato nel 2024) inizialmente pubblicamente schierato a favore del contratto minerario, ha dichiarato che l’ultima parola spetterà alla Corte Suprema di Giustizia, che dovrà decidere sulla regolarità della legge 406, che garantisce per 20 anni (prorogabili) le attività di Minera Cobre Panama.
«Panama è un paese democratico dove tutti dobbiamo rispettare lo Stato di diritto e proteggere l’istituzione, che consiste nel fatto che ogni organo dello stato compia le funzioni che costituzionalmente gli corrispondono. Ciò implica che tutti noi aspetteremo i tempi che determineranno le risoluzioni della Corte suprema di giustizia».
La repressione violentissima
Queste parole, pronunciate in occasione dello sciopero generale del 16 novembre, arrivano dopo un bilancio di almeno 4 morti e numerosi feriti nelle proteste delle settimane precedenti. Le persone decedute partecipavano a blocchi stradali, realizzati nella cornice di una mobilizzazione nazionale su grande scala. E mentre due di loro hanno perso la vita investiti da veicoli che non si sono fermati di fronte ai posti di blocco improvvisati, altri due (entrambi insegnanti) sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco nella zona di Chame, da un uomo di 77 anni che non ha esitato a sparare sui manifestanti per farsi strada. Tra i feriti, spicca il caso del fotografo di 40 anni Aubrey Baxter, appartenente al collettivo Ya es Ya Panamá. Baxter, la cui storia è stata raccontata da “El País” (che lo ha intervistato) ha perso un occhio per la brutale repressione della polizia, mentre cercava di documentare le proteste il 19 ottobre scorso nella capitale del paese centroamericano.
Questo il tremendo racconto di Baxter al giornale spagnolo “El País”, una storia che documenta molto bene quale sia stato il primo approccio del governo Cortizo verso le proteste:
«Ero vicino all’Assemblea Nazionale (Palacio Justo Arosemena), che è il luogo in cui si riuniscono le diverse marce di protesta, ma anche dove solitamente avviene la maggior repressione. Lì sono posizionate alcune barriere e c’era un agente della Mcu (Unità di Controllo della Folla) che dominava la scena, con in mano un cannone lacrimogeno. Più vicini a me, altri agenti che avevano armi di gomma o spray al peperoncino. Non ho mai saputo cosa mi abbia accecato, perché l’oggetto non è entrato nell’occhio e quindi non è stato ritrovato e studiato. Però, a causa del suo diametro, il mio occhio è diventato completamente nero. Dato che stavo registrando, una coincidenza perché di solito non registro ma faccio solo foto, penso che sia stato l’agente che si trovava in alto a dare l’ordine di sparare. Quando ho capito ho cercato di proteggermi dietro dei pali ma mi ha raggiunto una vera e propria raffica di proiettili. Uno di questi mi ha centrato in pieno un occhio, però io non mi sono reso subito conto di cosa stesse accadendo. Un collega ha provato a chiamare un’ambulanza, ma non è stato facile. Dopo qualche metro, mentre cercavo di continuare a camminare, sono riusciti a portarmi in ospedale».
Un milione di $ al giorno per comprare una nazione
Un approccio “giustificato” dal denaro, parecchio denaro. Si perché i numeri che mette sul tavolo First Quantum Minerals sono numeri da capogiro secondo le fonti statali. Infatti i termini dell’accordo raggiunto dall’impresa canadese con sede a Vancouver, attribuiscono alla stessa, il diritto di sfruttare il sito minerario per almeno 20 anni, in cambio di royalties annuali di 375 milioni di dollari al governo panamense. Per cercare di dare una dimensione di quello che significa questo contratto, i portavoce della compagnia canadese spiegano che dopo il Canale di Panama, la vasta miniera di rame di Cobre Panamá (la più grande miniera a cielo aperto di tutto il Centroamerica) è il secondo maggior contributore all’economia del paese, responsabile di circa il 5% del PIL. Inoltre a Panama, una persona su 50 è impiegata direttamente o indirettamente nelle attività di questa impresa mineraria, afferma First Quantum, una cifra che corrisponde a migliaia di famiglie. Dal canto suo, nella sessione inaugurale di quel “lontano” 28 agosto 2023, fu il ministro del Commercio, Federico Alfaro Boyd, con la Commissione per il Commercio e gli Affari Economici dell’Assemblea Nazionale (AN), a presentare l’iniziativa come un contratto pieno di vantaggi per Panama. Boyd spiegava a fine agosto che il 50% dei benefici generati dall’attività sarebbe stato destinato al programma IVM della Cassa di Previdenza Sociale e il 20% sarebbe stato destinato ad aumentare le pensioni di coloro che guadagnano meno di 350 Balboa al mese (circa 350 euro). Un’altra somma significativa sarebbe stata destinata a progetti nei comuni circostanti e il 5% alla costruzione e allo sviluppo dell’Istituto per il miglioramento e il benessere degli insegnanti.
Non è questione di $, ma di qualità della vita
I manifestanti però non vogliono ragionare di cifre ma di legalità e di protezione dell’ambiente. Una opposizione ferrea all’azione arbitraria del governo, protesta che somma un costo giornaliero paese di 80 milioni di dollari (secondo le fonti ufficiali del governo) e che si nutre di slogan e striscioni che prendono di mira direttamente anche il primo ministro canadese: “Justin Trudeau, questo è neocolonialismo”, facendo riferimento alle politiche d’impresa portate avanti dal governo del paese nordamericano fuori dai propri confini e che sarebbero illegali sul territorio nazionale.
I precedenti di sfruttamento
Le operazioni della filiale First Quantum Minerals non sono però nuove a Panama e infatti queste massive mobilitazioni si focalizzano contro le politiche che promuovono un estrattivismo minerario predatorio, imposto da interessi statali senza consultazioni con le comunità, molte della quali chiedono una vera e propria moratoria mineraria.
Questa situazione proviene da una concessione data dallo stato panamense attraverso la legge n. 9 del 25 febbraio 1997 (alla presidenza della repubblica sedeva Ernesto Pérez Balladares) a Petaquilla Gold, diventata poi Minera Cobre Panamá. Le operazioni di esplorazione mineraria del territorio iniziarono nel 1991: data della prima concessione per la ricerca di possibili giacimenti. Come detto, fu però nel 1997 che si approvò la legge di sfruttamento minerario con il precursore di Minera Cobre Panamá e nel 2005 si iniziò la massiva costruzione delle infrastrutture: solo nel 2009 furono autorizzate le operazioni di sfruttamento commerciale della miniera.
Durante tutto questo lungo periodo le comunità della zona denunciarono con forza che dove prima c’erano alberi, vita e un corridoio biologico funzionante, la terra diventava spoglia, l’acqua inquinata e si moltiplicavano i macchinari per l’estrazione mineraria e la distruzione senza freni dell’ambiente. A radice di ciò, il Centro di Incidenza Ambientale – Ciam, ong panamense costituitasi nel 2007 e dedicata alla conservazione ambientale, denunciò per incostituzionalità nel 2009 il suddetto contratto alla Corte Suprema di Giustizia. Successivamente, (come ho avuto di scrivere per “Osservatorio Diritti”) vennero denunciati più di 200 danni ambientali descritti in 13 rapporti che danno conto di oltre venti ispezioni del ministero dell’Ambiente di Panama (Miambiente), effettuate tra il 2012 e il 2019 presso la miniera di rame di Colón, gestita appunto da Minera Cobre Panamá.
I precedenti di inquinamento
Queste ispezioni hanno registrato l’inquinamento dei fiumi e del suolo, con impatti negativi sia sugli ecosistemi naturali sia sulle comunità umane, vista la presenza in grandi quantità di elementi altamente tossici come metalli pesanti e altri agenti patogeni.
Finalmente, il 21 dicembre 2017 (20 anni dopo il primo accordo tra lo stato panamense e la filiale di First Quantum Minerals) quel contratto fu dichiarato incostituzionale dalla Corte suprema di giustizia (Csj per la sua sigla in spagnolo) e quindi legalmente annullato. Secondo la Csj lo stato avrebbe infatti dovuto realizzare una gara d’appalto pubblica per dare la concessione e avrebbe dovuto far realizzare uno studio d’impatto ambientale, elementi che hanno portato al verdetto favorevole della Corte rispetto alla denuncia del Ciam.
Cortizo doble cara 2
Sembrava una vittoria per gli ambientalisti, ma di fronte alla decisione dei giudici, il governo decise di mantenere in piedi le operazioni di Minera Cobre Panamá (First Quantum Minerals aveva già investito 10 miliardi di dollari nell’operazione), non pubblicando la sentenza nella Gazzetta Ufficiale dello Stato, e rinnovando per altri 20 anni (fino al 28 febbraio 2037) la concessione mineraria. Una situazione complessa a livello legale e commerciale, dove il governo cercava di prendere tempo per trovare il modo di regolarizzare le attività della compagnia a capitale canadese, mentre nel 2021, la Csj ratificò la sentenza del 2017, respingendo ben 6 istanze d’appello. Nonostante First Quantum Minerals si sia sempre detta forte della sua posizione legale rispetto al governo di Panama, la pressione derivante dalle sentenze della Csj hanno portato a una nuova necessità di negoziare e “ripulire” il raggio di azione della compagnia nel paese centroamericano.
Ed è esattamente quello che si pretende oggi, con un accordo che risale a marzo 2023, traghettato all’Assemblea ad agosto e ratificato “in fretta e furia” dal parlamento come legge 406, legge firmata lo stesso giorno da Laurentino Cortizo (il 20 ottobre scorso) e immediatamente, questa volta sì, divulgata sulla Gazzetta Ufficiale. Un vero e proprio make up legale, che regola attraverso un nuovo impianto normativo, quelle stesse pratiche distruttive che hanno già lasciato un segno devastante sul territorio: pratiche che hanno portato all’apertura di diversi processi amministrativi e di indagini del pubblico ministero per presunte non conformità in materia ambientale.
Un malessere generalizzato che viene da lontano
Le proteste di questa fine 2023 fanno eco ad altre manifestazioni, meno coperte dalla stampa internazionale, che hanno segnato il 2022 e che già facevano intuire un diffuso malessere sociale. Panama infatti nel luglio 2022 si è unita all’ondata di proteste che hanno scosso l’America Latina, con un vero e proprio “estallido social” iniziato nella città di Santiago de Veraguas, capitale della provincia di Veraguas (250 km ad ovest di Città di Panama). La ragione principale della protesta diventata poi massiva ed estesa a tutto il territorio nazionale, ha riguardato l’aumento del costo del carburante, il cui prezzo era lievitato quasi del 50% dall’inizio dell’anno. Una lunga coda della guerra in Ucraina che ha portato lo stato centroamericano ad affrontare la sua maggiore crisi economica dopo la caduta del dittatore Manuel Antonio Noriega nel 1989, con un tasso di inflazione che superava i 4 punti percentuali e con una disoccupazione al 10%. E in questo scenario post Covid 19, dove l’economia fatica a riprendersi nonostante il Canale di Panama continui a produrre 2 miliardi di dollari di gettito fiscale annuo, si stima che il 20% della popolazione (circa 800.000 persone delle 4,2 milioni che vivono nel paese) si trovi in situazione di povertà: questo dato colloca Panama come uno dei paesi con il maggior tasso di disuguaglianza nel mondo. L’economia del paese centroamericano è “dollarizzata” e questo, già prima della crisi del petrolio provocata dall’invasione russa dell’Ucraina e dalle conseguenti misure coercitive unilaterali combinate da Usa e UE, manteneva i prezzi del paniere di consumo relativamente alti per la maggior parte della popolazione.
Situazione economica insostenibile…
Nel luglio 2022 però la situazione per “la gente de a piè” (il popolo) è diventata insostenibile perché l’aumento del costo dei carburanti ha provocato un’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari e delle medicine: causando situazioni critiche in molte case panamensi.
Il 17 giugno 2022 il gallone di benzina di 95 ottani (3,78 litri) aveva superato i 6 dollari. Un prezzo impossibile da pagare in un paese dove è stata stabilita dal governo del presidente Laurentino Cortizo, giusto il 31 dicembre 2021, una tabella salariale di base dove per esempio si corrispondeva a un impiegato domestico un salario di 315 dollari al mese. Inoltre gli altissimi prezzi del carburante che hanno creato un effetto a spirale su tutto il resto, arrivavano proprio mentre le grandi compagnie petrolifere fanno registrare enormi guadagni, così come denunciato dal mezzo di comunicazione indipendente panamense Antonima. Nelle settimane precedenti alle proteste era stato presentato nell’assemblea nazionale dal deputato Luis Ernesto Carles un progetto di legge che chiedeva di sospendere per almeno 3 mesi la tassa statale sui carburanti liquidi, che incide per 60 centesimi di dollaro sul prezzo finale. Il presidente panamense Cortizo però decise di porre il veto sulla proposta di legge, impedendone l’attuazione e aprendo la porta a un aumento indiscriminato del prezzo del carburante.
… e prime lotte vittoriose
Allo scoppio delle proteste inoltre il presidente di Panama non si trovava nel paese ma stava viaggiando negli Usa, precisamente a Houston. Laurentino Cortizo infatti aveva già annunciato a fine giugno 2022 che gli era stato riscontrato un cancro e per questo aveva comunicato che sarebbe andato in Texas a inizio luglio per chiedere un secondo parere. In assenza della prima carica dello stato il vicepresidente José Gabriel Carrizo non prese nessuna iniziativa e così da Santiago de Veraguas la protesta si estese presto alle altre province arrivando fino alla capitale. L’autostrada Panamericana fu bloccata da folle di manifestanti e lunghe file di Tir che provocarono de facto, l’isolamento di intere zone del paese (con casi estremi come quello della provincia di Chiriquí). Anche nei supermercati i prodotti alimentari scarseggiarono per settimane ma il popolo non cedette di un passo. Chi invece nel braccio di ferro dovette cedere el brazo a torcer (piegare il braccio) fu il presidente Laurentino Cortizo che dopo aver aperto dei tavoli di mediazione a una settimana dall’inizio delle proteste con le diverse sigle sindacali e comunità indigene, annunciò il blocco del prezzo di 10 prodotti del paniere di consumo e un ribasso dei prezzi del carburante. Un primo passo che però non ha messo d’accordo tutti i manifestanti e che è stato solo l’antipasto dell’accordo definitivo arrivato domenica 17 luglio, quando la presidenza annunciò in “pompa magna” di aver firmato un decreto che bloccava per tre mesi il prezzo del combustibile a 3,25 dollari al gallone. Accordi che hanno soddisfatto le delegazioni degli indigeni Ngäbe-Buglé e gli agricoltori, presenti alla firma dell’accordo in un edificio della chiesa cattolica nel distretto di San Félix, provincia di Chiriquí (nell’ovest del paese). Ma non altre frange della protesta, che occuparono lo stesso giorno la “cinta costera” (zona costiera) della capitale e che, nel caso del potente sindacato dell’edilizia, promisero di fare sentire duramente la loro voce.
“Colonialismo estrattivista e gentrificazione a Panama”.
Tre giorni dopo questo intervento su Radio Blackout la Corte suprema ha decretato l’incostituzionalità della legge mineraria 406, questa la reazione spontanea dei cittadini sollevati… almeno per ora:
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La marca-paese è la sua cancellazione come cultura territoriale e ambientale…