Vecchie e nuove servitù militari: No Trespassing
Stiamo scivolando sempre più in una mentalità che accetta l’orrore di considerare il cambiamento di morale, di narrazione dei rapporti tra “nazioni” e del valore degli aggettivi belligeranti che segnano una cesura… e marcano anche un cambio nel significato e nell’uso di territori strategicamente sottratti al paese su cui insistono per consegnarli a potenze straniere che le rendono off limits (NO TRESPASSING) e proiettate in funzione di aggressione al nemico, riempiendoli di ordigni, macchine belliche, sistemi di controllo e di logistica nelle azioni operative in zona di guerra, come Sigonella che ha partecipato sia nell’episodio che ha visto l’affondamento della Moskva, sia nell’attacco al porto di Sebastopoli del 28 ottobre.
Da settembre e poi anche in ottobre si è resa palese nell’economia della guerra europea l’importanza dello schieramento, delle alleanze e la necessità della potenza globale di riferimento di “occupare” territorio, di “invadere” sovranità, di “ottenere” mezzi adiacenti alla trincea… la servitù in tutte le sue forme.
#Drone USA vola da #Sigonella in #Crimea nelle ore dell’attacco ucraino alla flotta russa a largo di #Sebastopoli. Ancora incerto il numero delle unità navali colpite da missili e droni; documentato il volo di un grande velivolo-spia Global Hawk decollato dalla #Sicilia #nowar pic.twitter.com/qFJU8LAtgx
— Antonio Mazzeo (@mazzeoantonio) October 29, 2022
La servitù nucleare in Italia
Servitù militare e Italia sono quasi una tautologia, visto che dal punto di vista dell’esercito americano si tratta di una enorme portaerei che si allunga nel Mediterraneo e ospita gli ordigni nucleari sia a Ghedi (in provincia di Brescia) che ad Aviano (Pordenone), non a caso dislocate nel Nordest, fin dalla Guerra Fredda considerato un avamposto: Ghedi è dotato di velivoli (Tornado e F-35 italiani), atti a trasportare le bombe nucleari (un centinaio quelle americane già disponibili), mentre ad Aviano sono dislocate le famose bombe nucleari per l’impiego tattico B-61 (da 45-60 kilotoni), che gli americani si trasportano in piena autonomia, imponendo un limite militarmente invalicabile nel territorio italiano
La servitù delle forniture in Italia
Ma oltre a Sigonella (e il Muos) a Sud e le basi delle bombe nucleari a Nord esiste da anni Camp Darby e il Canale cinquecentesco dei Navicelli vi riveste un valore strategico per l fatto che attraversa la base militare che completamente blindato com’è diventa fondamentale per trasportare senza occhi indiscreti e in territorio completamente no trespassing le armi in arrivo al porto di Livorno e da lì alla darsena interna a Camp Darby, allargata permettendo l’incrocio di due navi.
E sono servitù militari anche gli agganci all’industria militare statunitense per esempio con il legame a filo doppio tra Leonardo (industria di stato e ora anche di governo, con la cooptazione di Crosetto al ministero della Difesa) e Lockheed: infatti i vertici dell’esercito scodinzolano al partner americano intravedendo la possibilità di bissare la collaborazione pluriennale sugli F-35 anche per quel che riguarda il nuovo progetto dei nuovi elicotteri a doppio rotore X2
La Sardegna assediata (le esercitazioni nelle Isole); le servitù oceaniche (il Portogallo) e quelle del Mediterraneo orientale:
La servitù delle esercitazioni
Altre servitù possono essere considerate le esercitazioni: infatti Nato decide e per 15 giorni i cieli e i flutti teatro delle “simulazioni” (anche nucleari e annunciate) diventano oggetto di espropriazione e aree pericolose, che poi lasciano residui e radiazioni, un territorio devastato e inquinato.
In questo tempo di guerra le esercitazioni “programmate” fioccano: a metà settembre la Sardegna era circondata come Taiwan un mese prima. Aree di guerra, in mare, in cielo e nei poligoni di Teulada, Quirra e Capo Frasca, esercitazioni speciali, visto che dal 24 febbraio le esercitazioni programmate erano state annullate, tutte tranne quelle collegate al “warfighting”. «Accentrare arsenali aerei, navali e terrestri in Sardegna, per giunta in questo contesto storico, significa proiettarla in uno scenario di provocazioni internazionali pericolose e incontrollabili. Mai come oggi la presenza delle servitù militari trasformano l’Isola in una vera e propria colonia militare».
E quella servitù era contemporanea alla esibizione di muscoli aerei di “Steadfast Noon”, ospitata dal Belgio a Kleine Brogel, una infrastruttura Nato adibita a ospitare armi tattiche B61-12cfino a 50 kilotoni in dotazione a F-35 “Lighting II” (quelli collaudati ad Amendola in provincia di Foggia quest’estate): altri scenari di guerra, esplicitamente nucleari, specularmente riflessi in Grom, l’esercitazione nucleare organizzata dal Cremlino.
Per quel che riguarda la servitù navale il Portogallo ha assistito allo spettacolo del Neptune Strike a Oeiras, quartier generale del Strike Force Nato con a capo la portaerei nucleare George H.W. Bush.
In questa ridda di esercitazioni non poteva mancare il quadrante più sensibile del Mediterraneo orientale e infatti in Grecia, durante un’esercitazione Nato che ha visto la partecipazione di 200 soldati americani e 650 tedeschi, si sono testati i missili tedeschi Patriot Mim-104, un sistema missilistico mobile antiaereo modulare di repentina installazione.
Troviamo questa moltiplicazione di esercitazioni, servitù e riattivazione di quelle esistenti a ridosso del fronte e si aggiunge l’elemento che abbiamo affrontato con Alessandro Ajres nella puntata di Transatlantica24 dedicata alla Polonia nel momento in cui si accredita come potenza locale più affidabile e utile della Germania (che ha dovuto decidere con forte riluttanza un riarmo pesante): ovvero la ricerca di costituire un potente esercito e non ridursi solo a hub per far confluire armi in una nazione-caserma al servizio degli Usa, ancor più che della Nato (avendo già iniziato a dotarsi di un esercito efficiente e moderno fin dalla prima invasione della Crimea). Si assiste a un tentativo di sostituire la capacità militare polacca alle basi tradizionalmente tedesche intese come confini orientali.
La servitù delle collaborazioni produttive
Anche se l’evidente preparazione a un conflitto in territorio europeo predispone il Pentagono a dispiegare armi e truppe, mobilitando tutte le servitù militari preparate nei decenni. E costruendone di nuove, come il nuovo comando a Wiesbaden per supervisionare l’addestramento nei poligoni americani in Germania (dove a gennaio sono state trasferite le reclute ucraine che fin dal 2015 si addestravano sotto il comando Usa al Combat Training Center-Yavoriv vicino a Lviv) e l’approvvigionamento delle truppe (https://www.militarytimes.com/news/your-army/2022/10/03/us-may-establish-new-command-in-germany-to-arm-ukraine-report/)
E sono servitù militari anche gli agganci all’industria militare statunitense per esempio con il legame a filo doppio tra Leonardo (industria di stato e ora anche di governo, con la cooptazione di Crosetto al ministero della Difesa) e Lockheed: infatti i vertici dell’esercito scodinzolano al partner americano intravedendo la possibilità di bissare la collaborazione pluriennale sugli F-35 anche per quel che riguarda il nuovo progetto dei nuovi elicotteri a doppio rotore X2
La servitù a Oriente
Nell’altro campo – con le debite proporzioni (come dice Gabriele Battaglia: «Anche la Cina ha basi militari fuori dai confini, una a Gibuti… rispetto alle decine degli Usa») – bisogna registrare le mire di Pechino sul porto di Ream, in Cambogia, ideale per installare un sistema di controllo radar dual-use, orientato ai traffici ma soprattutto a spiare assetti militari. E i lavori fervono nello scalo: un nuovo molo, un approfondimento del porto, che già registra una parte sotto la sovranità cinese, che potrebbe ospitare un nodo del sistema satellitare BeiDou alla confluenza dell’Oceano Indiano con il Pacifico, controllando così l’intera area (https://formiche.net/2022/10/nel-fragore-di-amburgo-la-cina-in-silenzio-si-prende-un-pezzo-di-cambogia/).
Ma si possono considerare servitù ottenute anche il corollario della militarizzazione di isolotti contesi lungo tutto il Mar cinese meridionale, come le Spratly, o il progetto di collaborazione con le Salomon, persino la più esplicita formula di neutralità costituita dal rifiuto del Vietnam di ospitare basi straniere, senza citare la contesa sulle isole Nansha si può considerare una servitù accettata su territori adiacenti nella guerra del Pacifico con gli Usa (https://www.scmp.com/news/china/diplomacy/article/3198034/china-vietnam-ties-beijing-reassured-hanois-vow-reject-all-military-alliances-say-analysts).
La servitù artica
Ma la servitù più contesa e meno esibita, anzi nascosta da una ipocrita collaborazione sempre più tesa è una sorta di corsa a spartirsi le fette di quel territorio strategico e ricco di minerali preziosi in via di scongelamento: tutti i paesi europei e la Russia (che controlla il 50% del territorio artico) tradizionalmente collaboravano fino alla crisi ucraina; intanto anche gli Usa stanziano 841 milioni di dollari per il 2023 per un terzo Polar Security Cutter e altri 20 milioni di dollari per creare un ufficio per il programma Arctic Security Cutter. completando una strategia durata 10 anni per il circolo polare artico: « La nuova strategia individua quattro pilastri, tra cui una maggiore presenza militare statunitense, l’aumento delle esercitazioni con i paesi partner per “dissuadere l’aggressione nell’Artico, soprattutto da parte della Russia”, l’ammodernamento della difesa aerea del NORAD e l’aggiunta di navi rompighiaccio della Guardia Costiera, nonché una migliore mappatura e cartografia delle acque e delle condizioni meteorologiche della regione». (https://www.defensenews.com/pentagon/2022/10/07/white-house-arctic-strategy-calls-for-enhanced-military-presence/) E proprio questa presenza militare americana surriscalda il clima artico; la seconda squadra Infantry Brigade Combat, 11th Airborne Division, ha iniziato in settembre l’addestramento pratico con l’equipaggiamento Capability Set 21, che ha lo scopo di aumentare la mobilità e rendere più intuitive le comunicazioni sul campo di battaglia (https://www.c4isrnet.com/battlefield-tech/it-networks/2022/08/29/first-arctic-unit-now-training-with-modernized-us-army-networking-gear/). La sezione 7 dell’Artic Commitment Act richiede l’«eliminazione del monopolio russo sulla navigazione artica» (https://pagineesteri.it/2022/09/01/primo-piano/cambiamento-climatico-il-potenziamento-militare-degli-usa-nellartico-pone-nuovi-rischi-geopolitici-e-ambientali/). E Leonardo DRS si è aggiudicata un contratto da circa 50 milioni di dollari per la fornitura di oltre 4600 visori termici per armi alla Svezia, emblematico di come il traffico d’armi possa garantire la differenza nei dettagli per controllare il territorio e assicurare una servitù militare, un’altra forma di imperialismo coloniale.
Avanzamento
Interessante vedere grafici eloquenti di approvvigionamenti di armi, collocandoli nei vari scacchieri regionali, che corrispondono alle aree che vedono teatri di guerra; ma si vede soprattutto come si ripartiscono gli investimenti: Russia in testa (ma il dato per singoli stati vede gli Usa abbondantemente in testa), Emirati e Maghreb a ruota se il computo viene filtrato dal confronto in percentuale sul Pil. Dei più di 2000 miliardi che sarebbe il fatturato in armi nel 2021, 800 sono stati spesi dagli Usa (e questo si vede bene dalla Top Ten dei contratti firmati dal Dipartimento della difesa americano che abbiamo pubblicato nell’editoriale di agosto), seguiti da Cina, India, GB e solo quinta è la Russia, dimostrando così chi può essere più temibile; anche se il trend vede Cina e India in notevole accelerazione rispetto a un decennio fa – e questo è un dato che sposta in quel quadrante l’attenzione massima per paventare futuri conflitti. Infatti il primo grafico dimostra una corsa agli armamenti che vede l’Asia allargare la forbice della propria fetta di traffici d’armi rispetto al resto del mondo che incrementa progressivamente e nello stesso modo la propria spesa per preparare la guerra.
Il nucleare irrompe di nuovo prepotente nel dibattito mondiale e così abbiamo chiesto a Piergiorgio Pescali di “rassicurarci” di fronte a Zaporizhzhia, alle scelte iraniane, alle minacce neanche velate di Putin. Ricercatore per l’Aiea, Pescali ha visitato tutte le centrali nucleari più famigerate, conosce il mondo del nucleare con obiettiva precisione, riporta dati. Possiamo continuare a preferire un mondo meno nucleare, ma gli argomenti di Pescali provengono da una conoscenza dall’interno degli ambienti saturi di atomi, rimane ampio spazio per preferire soluzioni alternative ma non si può prescindere dalle sue conoscenze che ci illustra in questo podcast proveniente da una puntata di Bastioni di Orione su Radio Blackout, cercheremo di approfondire ulteriormente il côté eminentemente militare dell’applicazione nucleare, che qui trova una ottima introduzione: