Fatale attrazione schiavista tra iberici e mauritani
Ancora adesso in Mauritania – paese che ha contribuito alla presenza di un’ultima colonia sul suolo africano: il Sahara occidentale – vige una legislazione che prevede lo schiavismo, una pratica – denunciata soprattutto dal movimento abolizionista fondato da Biram Dah Abeid, ex schiavo – perpetrata dalla minoranza “bianca” berbera, discendente da antichi nobili beydens, che vessano da secoli la maggioranza nera haratine, piantando in antichità semi panafricani per quello sfruttamento europeo della schiavitù su scala globale benedetto da bolle papali ancora precedenti l’impulso alla tratta derivante dalla spedizione di Cristobal Colon: Niccolò V prendeva semplicemente atto degli enormi interessi e ricchezze provenienti dalla deportazione e dal colonialismo, dunque lo benediva.
Come si legge in questo estratto dal volume di Diego Battistessa America Latina Afrodiscendente: una storia di (R)esistenza, esistono porte che mettono in comunicazione mondi diversi, in cui lo schiavismo si incista perfettamente sugli affari dei rispettivi gruppi dominanti su sistemi diversi tra loro ma complementari nello sfruttamento.
L’impero portoghese (l’ultimo impero a sciogliersi dopo la Rivoluzione dei Garofani, 1415 -1975) è stato indissolubilmente caratterizzato dalla tratta degli schiavi che divenne la colonna portante delle attività economiche d’oltremare. Il Portogallo in Africa si occupò di istituzionalizzare la pratica della schiavitù (già operata in diverse forme dai regni locali) e di darle un apparato legale e amministrativo. Non a caso la cittadina di Lagos, in Algarve, nel sud del Portogallo è conosciuta come la porta europea della tratta degli schiavi africani. Nel 1444, in un giorno infausto, arrivarono in quel porto 200 schiavi africani sequestrati in una retata partita da un porto commerciale che il Principe Enrique (conosciuto come El Navegante) aveva stabilito sulle coste dell’attuale Mauritania.
I profitti della vendita di quegli esseri umani spinsero molti altri a cercare fortuna con spedizioni verso le coste africane. Nei dieci anni successivi centinaia di africani arrivarono al porto di Lagos che si trasformò in breve tempo nel primo mercato europeo di vendita di schiavi provenienti dall’Africa. Questo è il punto di inizio dell’industrializzazione della tratta di esseri umani che portò più di 12 milioni di persone a essere “trafficate” verso le Americhe (oggi a Lagos esiste il Museo della Schiavitù, monito di quel passato di infamia e terrore diffuso ormai nei luoghi topici dello schiavismo: Gorée, Bahia, Liverpool, Amsterdam).
Solo 8 anni dopo l’arrivo dei primi schiavi a Lagos, venne concessa la benedizione papale al re del Portogallo Alfonso V per legalizzare, agli occhi della comunità cristiana, quell’abominevole pratica. Il commercio di esseri umani fioriva, il centro delle operazioni si era spostato da Lagos alla capitale Lisbona e si cominciavano a stabilire regole e tariffe standard per normare la tratta e la vendita di esseri umani provenienti dall’Africa.
Dum diversas
Il papa Niccolò V (Tommaso Parentucelli) con la bolla Dum diversas del 16 giugno 1452 (quindi ben quarant’anni prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo nelle Americhe) legalizzava per volere di Dio la schiavitù e concedeva al re del Portogallo Alfonso V di «ridurre in perpetua schiavitù saraceni, pagani, infedeli e nemici di Cristo». Qui un estratto della bolla papale:
«Noi, rafforzati dall’amore divino, spinti dalla carità cristiana, e costretti dagli obblighi nel nostro ufficio pastorale, desideriamo, come si conviene, incoraggiare ciò che è pertinente all’integrità e alla crescita della Fede, per la quale Cristo, nostro Dio, ha versato il suo sangue, e sostenere in questa santissima impresa il vigore delle anime di coloro che sono fedeli a noi e alla vostra Maestà Reale. Quindi, in forza dell’autorità apostolica, col contenuto di questa lettera, noi vi concediamo la piena e libera facoltà di catturare e soggiogare Saraceni e pagani, come pure altri non credenti e nemici di Cristo, chiunque essi siano e dovunque abitino; di prendere ogni tipo di beni, mobili o immobili, che si trovino in possesso di questi stessi Saraceni, pagani, non credenti e nemici di Cristo; di invadere e conquistare regni, ducati, contee, principati; come pure altri domini, terre, luoghi, villaggi, campi, possedimenti e beni di questo genere a qualunque re o principe essi appartengano e di ridurre in sudditanza i loro abitanti; di appropriarvi per sempre, per voi e i vostri successori, i re del Portogallo, dei regni, ducati, contee, principati; come pure altri domini, terre, luoghi, villaggi, campi, possedimenti e beni di questo genere, destinandoli a vostro uso e vantaggio, e a quelli dei vostri successori…» (Niccolò V, Dum diversas)