Il marketing di Marzo eccitato dallo svuotamento degli arsenali. Sfilate primavera-estate
Se per l’editoriale di febbraio la notizia di punta era l’invasione dell’Ukraina, per quello di marzo l’evento emblematico è stata la fiera di Riyad, dove tutti gli stati che si sentono sotto attacco (ovvero l’unanimità, perché altrimenti non legittimano la spesa pubblica per i dispositivi militari) si possono riarmare. Ed è emblematico che l’esercito ucraino in questi 8 anni si sia attrezzato al punto da resistere ai carri armati mal organizzati di Mosca: non c’è da stupirsi. L’Ucraina è il nono esportatore di armi (soprattutto leggere), in particolare in Africa, dove fa da triangolazione per conto della produzione polacca che è costretta dalle regole comunitarie a non procurare armi a paesi belligeranti, ma Kyiv può – finché non entra nella EU (e forse non gli conviene); e attraverso quelle triangolazioni ha potuto riarmarsi con ordigni micidiali come i droni turchi – già risolutori in Nagorno – o sofisticati come gli Stinger americani.
La moltiplicazione di Fiere di ordigni in tutto il mondo (e a Riyadh in particolare) non può che terrorizzarci, perché è un segnale che… c’è mercato e la richiesta aumenta, come prima di ogni conflitto mondiale.
Il marketing militare poi non ha limitazioni, perché proprio l’attributo testosteronico “militare” sfonda tutte le porte e penetra qualsiasi pudore, persino quelli dell’altrimenti sacro diritto d’autore: l’immagine in copertina proviene da un articolo de “Il giornale dell’arte” (8 marzo 2022), giustamente perplesso per il fatto che si possa trascendere dalle normative che regolano l’uso delle riproduzioni artistiche (ricordate Walter Benjamin, un altro che, preconizzando il disastro nazista precedente, preferì farsi fuori da solo): quell’immagine del David “influencer” attrezzato con la protesi fallica di ArmaLite per poter essere usata ha sicuramente pagato tantissime royalties – e quelle provengono dai cadaveri che tanto sensibilizzano le coscienze – ma soprattutto quei soldi hanno pagato l’autorizzazione degli Uffizi.
Come i soldi sauditi hanno imposto l’ennesima sagra dello strumento di morte violenta: dal 6 al 9 marzo si è svolta a Riyadh la prima edizione del World Defense Show (Wds), fiera biennale internazionale in più del settore militare di cui non si sentiva l’esigenza diretta da Andrew Pearcey: 590 aziende di 42 paesi diversi. Gami, l’Autorità Generale per le industrie militari del Regno saudita, è la sigla che ha patrocinato la kermesse con i ministeri della Difesa e dell’Interno, la Guardia Nazionale e l’intelligence saudita. Mbs in persona – Mohammed bin Salman al-Saud, primo viceministro e ministro della Difesa – ha sovrinteso ai lavori che puntano a competere con altri appuntamenti dell’industria militare, della sicurezza e spaziale, come il Farnborough International Airshow o il Paris Air Show.
«Ci sono esposizioni militari in tutto il mondo e l’Arabia Saudita ha pensato bene che fosse giunto il momento di portare uno di quegli eventi qui in Arabia. Vogliamo rappresentare l’intero ecosistema della filiera militare, dalle piccole aziende che forniscono le medie aziende alle medie realtà che forniscono le grandi corporations. Ci aspettiamo di vedere ordini dai grandi player del settore, ma ci aspettiamo anche risultati entusiasmanti dai competitors più piccoli», ha detto Andrew Pearcey.
Il budget per la difesa dell’Arabia Saudita quest’anno è stato di 171 miliardi riyal (46 miliardi di dollari circa), con una diminuzione del 10% rispetto al 2021, ma è una cifra che si colloca ancora tra le prime dieci spese militari al mondo. I vertici militari sauditi, che hanno voluto appositamente l’organizzazione in terra saudita perché hanno annusato il momento propizio e il fatto che chi ospita è privilegiato nei traffici. Sia di acquisto che di vendita: 23 contratti sono stati firmati da Riyadh per 3,4 miliardi di dollari.
“I nuovi sistemi d’arma rafforzeranno la prontezza delle forze armate e i sistemi di difesa e ci saranno ricadute importanti per le industrie militari nazionali», ha commentato Khaled Al-Biyari, responsabile del settore acquisizioni del ministero della Difesa saudita. «I contratti stipulati rispondono all’ambiziosa visione della leadership del Regno di rafforzamento della produzione e dell’efficienza industriale e del settore militare, nota come Vision 2030».
Lanciata dalla casa regnante con il fine di diversificare l’economia e renderla sempre meno dipendente dall’estrazione petrolifera, Vision 2030 punta in particolare a destinare entro la fine del decennio la metà della spesa militare all’acquisto di sistemi e apparecchiature prodotti da industrie localizzate nel territorio saudita. Nel corso del World Defense Show, il ministero per gli investimenti del paese mediorientale ha firmato 12 memorandum di collaborazione con altrettante aziende internazionali per promuovere progetti di ricerca e sviluppo nel settore industriale aerospaziale e militare. «Le attività di business saranno sviluppate grazie alla partnership con alcuni importanti gruppi, come Hanwha Corporation (sudcoreana), Expal Milkor (spagnola), Naval Group (francese) e Leonardo (italiana)», riferisce “Arabnews”.
Dal sito della Luiss ricaviamo poi che 2 contratti sono stati conclusi con la statunitense Raytheon Company, per 533 milioni di dollari, per rafforzare le capacità dell’aviazione del Regno. Altri due accordi, per un valore di 400 milioni di dollari, sono stati poi stretti con Thales Group, una società francese che fornisce servizi per i mercati della difesa e della sicurezza.
Tra gli altri partner riportati da “al-Arabiya” con cui il Ministero della Difesa di Riad ha stretto accordi vi è il conglomerato sudcoreano Hanwha, con il quale è stato stipulato un contratto da circa 800 milioni di dollari, per rafforzare le capacità di difesa del Regno e le catene di approvvigionamento.Un’altra intesa da 114 milioni è stata invece firmata con la cinese China North Industries Corporation Limited (Norinco) e altri due, del valore di 122 milioni, sono stati firmati con la sudcoreana Poongsan Corporation.
Antonio Mazzeo ha riepilogato tutte le armi esibite da Leonardo in quell’occasione in un articolo su “Stampalibera.it” aggiungendo che per sapere se e cosa Leonardo riuscirà poi realmente a vendere agli organizzatori e ai visitatori del World Defense Show bisognerà attendere ancora del tempo. Di certo è che proprio alla vigila della kermesse il gruppo italiano ha ottenuto due importanti successi con le autorità saudite. Il 7 febbraio, in occasione del meeting organizzato ancora dall’Autorità Generale per le industrie militari (Gapi) per lanciare la Roadmap di promozione del capitale umano dell’industria bellica nell’ambito di Vision 2030, Leonardo ha firmato con i sauditi un accordo di collaborazione nel settore della ricerca e dello scambio di know how.
Infine notazioni interessanti provengono da un articolo di “AfricaExpress”, dove si leggono nomi ricorrenti nel mondo della produzione delle armi (come si può rilevare dalla lista riprodotta qui di seguito che riporta nomi che in questo testo sono tutti citati), ed è straniante rilevare come Russia e Ucraina si trovino fianco a fianco in questa rassegna di “sporchi affari”, in quanto due tra i massimi produttori di armi al mondo:
«Tra le aziende blue chip presenti al Wds ci sono il gruppo brasiliano aerospaziale e della difesa Embraer, i giganti statunitensi Raytheon, General Dynamics e Lockheed Martin (che ha già annunciato di voler investire in Arabia Saudita più di 1 miliardo di dollari nella produzione militare) e il produttore britannico Rolls Royce. Tra i tanti espositori a contendersi la clientela anche aziende militari Russe (Almaz, IBZ, Rostec, Technodinamika, Rosoboroneexport, Russian Defence Export) e aziende miliari Ukraine (STM, STE, Progress)».
La corsa agli armamenti e i sistemi di addestramento. La sofisticazione della millenaria Arte della Guerra trasformata in Guerra di Robot attraverso il coinvolgimento di laboratori di ricerca… attenzione “Guerra di Robot” non “Guerra tra Robot”: i droni uccidono umani. Alcuni di questi punti si trovano in questo intervento di Antonio Mazzeo su Radio Blackout: