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  • Affari e traffici d'armi
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Avanzamento

La guerra viene con le armi: lo spaccio nel 2022

L’anno si inaugura con la paura di una guerra che avrebbe potuto essere nucleare in Europa col confronto diretto tra potenze globali, o presunte tali… e lo sviluppo di quella guerra più prossima alla sensibilità occidentale delle “proxy war” fatte combattere lontano procede tra il grottesco delle scenografie imperiali otto-novecentesche e le stragi chirurgiche di armi strategicamente digitali, fino alla “arma segreta” che non può mancare nel delirio dei guerrafondai di ogni secolo.
E infatti questo dossier nasce da un’idea di ricostruzione à rebour: monitorando il bisogno – e dunque l’acquisto – di un’arma si può ricostruire la nascita e l’area che può interessare la prossima guerra, il futuro dissidio, l’ennesimo scoppio di un conflitto.
Nel mondo infinite sono le proxy war, combattute per procura da quelle stesse potenze o altre regionali; molti sono i conflitti a sfondo religioso, che coprono la rapacità di multinazionali che affidano i loro interessi a milizie, o a stati impegnati in scontri con i vicini, o a soffocare secessioni su base coloniale; altrettante sono le lotte contro il neocolonialismo predatore.
Questi bombardamenti, le conseguenti battaglie e stragi… sono rese possibili dallo spaccio di armi: il traffico, ma anche gli accordi tra stati, gli scambi con la droga, o di favori geopolitici. Le fiere che espongono, propongono e vendono ordigni.
Abbiamo pensato di inaugurare l’anno cercando di raccogliere tutte le notizie, le inchieste, gli svelamenti che nell’anno 2022 stanno avvenendo, cercando quanti più dati possibile relativi al traffico di armi mondiale.

GENNAIO FEBBRAIO MARZO APRILE MAGGIO GIUGNO LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE OTTOBRE NOVEMBRE

Lo spettacolo può cominciare

Il monitoraggio lungo un anno si è concluso, ottenendo una messe di dati, analisi, considerazioni che abbiamo già proposti in questo dossier, mantenendo come stella polare l’intuizione che ci aveva spinti a tentare di seguire i flussi di armi (quelli denunciati) per vedere dove confluivano e quindi dimostrare che le guerre si preparano industrialmente con largo anticipo sui pretesti politici in base a una strategia. Avevamo pensato di avviare questa attività nel novembre 2021, tre mesi prima che si manifestasse l’innesco del rivolgimento degli equilibri globali con l’“Operazione militare speciale” a rivendicare militarmente un multilateralismo effettivo con lo scopo di informare l’Occidente che la sua centralità è perduta, o almeno messa in discussione. Sicuramente è stato un anno particolare per operare questo monitoraggio, ma – andando a rileggere le schede di questi mesi – risulta palesemente emblematico di come funziona la filiera delle armi e come si concatena con le strategie geopolitiche, in funzione dei bisogni politico-militari, e con una ricerca scientifica sempre più ““dual”, a sancire una sempre maggiore militarizzazione della società civile.

Tutto questo ha fornito basi utili per passare alla consueta seconda fase degli Studium: l’approfondimento che prende corpo in un volume di più ampio respiro, realizzato in collaborazione con l’Atlante dei Conflitti  e delle Guerre del Mondo. Con questo intento OGzero ha affidato ad alcuni complici-esperti la disamina della condizione del mercato delle armi nelle singole aree, o negli aspetti legati a ricerca, logistica, produzione… strategie belliche. Gli estensori dei singoli paper sono Gabriele Battaglia, Roberto Bonadeo, Murat Cinar, Raffaele Crocco, Marco Cuccu, Alessandro De Pascale, Angelo Ferrari, Emanuele Giordana, Antonio Mazzeo, Alice Pistolesi, Eric Salerno, Carlo Tombola, Massimo Zaurrini.

Il dato che spicca rispetto alla motivazione iniziale del monitoraggio è che gli spostamenti di armi hanno assunto un movimento centrifugo di diffusione capillare con una richiesta sempre maggiore e globale (segno che il presente o probabile coinvolgimento è percepito come urgente approvvigionamento da parte di ogni area), e anche centripeto rispetto alle aree in cui è già esploso il conflitto (e dove si concentrano maggiormente le armi, sempre però seguendo un criterio che informa il singolo conflitto, sempre mantenuto nei canoni che i contendenti decidono – altro aspetto rilevato dal percorso operato in questo focus annuale).

Tuttavia non è più la fase in cui si segue il traffico per trovare un nuovo conflitto, ma la “guerra” è già dovunque e sempre di più è richiesto l’allineamento a uno schieramento… e ciascuno è tenuto all’interno del suo campo a riarmarsi e assorbire la sua parte di prodotti bellici. Questo è lo sfondo su cui sono andati a incastonarsi i preziosi contributi degli autori sopraelencati, che vanno a comporre il volume di 264 pagine dense di informazioni e analisi,  a cui corrisponde un e-pub che contiene il valore aggiunto di numerosi collegamenti interattivi.

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Dicembre

21 dicembre

  • La vocazione  israeliana al controllo della Sicurezza globale

Intense relazioni tra esercito, università e aziende italiane con le tecnologie di guerra israeliane

“AresDifesa” comincia a parlare il 4 settembre di questa sorta di “droni kamikaze” chiamati Hero-30, facendo illazioni sulla costruzione per forze speciali di un paese occidentale di flotte di queste “munizioni orbitanti”. Ancora non si capiva quale fosse mai il paese occidentale; il 21 dicembre Antonio Mazzeo ci informava che:

«I dirigenti di Leonardo DRS (Arlington, Virginia) hanno reso noto che l’unità commerciale dei sistemi terrestri di St. Louis, Missouri, ha stipulato il 6 ottobre un accordo con la SpearUAV Ltd. di Tel Aviv per sviluppare una versione delle munizioni aeree Viper su scala nanometrica “per andare incontro alle richieste emergenti di molteplici clienti militari statunitensi”» (Antonio Mazzeo blog).

ma a ottobre ancora non era uscita la notizia che dava continuità alla rivelazione sulla classe Hero di settembre. Infatti l’idra multiteste dell’industria dei droni israeliani faceva spuntare una nuova esportazione della tecnologia e della cooperazione con le aziende italiane: i mini-droni kamikaze sono stati lanciati ufficialmente all’inizio di ottobre quasi in contemporanea all’accordo tra Leonardo e SpearUAV. Una ventina di giorni dopo il ministro della difesa dell’Azerbaijan, Madat Guliyev, ha incontrato l’amministratore dell’azienda Gadi Kuperman per discutere sulla possibilità di rifornire le forze armate azere proprio con le nuove munizioni circuitanti Viper (“Israeldefence”).

Ma nello stesso articolo di Mazzeo si annunciava già la fusione delle due teste (o testate) israeliane: infatti faceva capolino l’accordo italo-tedesco che sarebbe sfociato nella produzione in Italia di loitering munitions su brevetto Uvision; Spear aveva rastrellato finanziamenti per 17 milioni da UVision, che è una macchina da guerra con sedi in India e negli Usa… e sempre a ottobre ha sottoscritto una partnership con la tedesca Rheinmetall per produrre unità autoesplodenti del tipo Hero, perché sono compatibili con mezzi prodotti dall’azienda di Düsseldorf (Boxer, Lynx, Mission Master). E l’accordo coinvolge RWM Italia, preposta a produrre per l’Europa i sistemi Hero (“FightGlobal“).

Già in questo articolo si faceva accenno allo stabilimento di Domusnovas e alla spesa di 4 miliardi stanziati dall’esercito italiano per il munizionamento con Hero-30. Il 23 gennaio “DefenseNews” trova un Avviso di aggiudicazione di appalti nel settore della difesa e della sicurezza per

«acquisizione del Sistema di Munizioni a guida remota, denominato «Loitering Ammunition» (LA) HERO-30 e relativo supporto tecnico-logistico, a soddisfacimento delle esigenze operative urgenti (Mission Need Urgent Requirement, MNUR) del Comparto Forze Speciali» (MINISTERO DELLA DIFESA – SGD/DNA- DIREZIONE DEGLI ARMAMENTI AERONAUTICI E PER L’AERONAVIGABILITÀ)

Il bando indica come vincitore dell’appalto RWM Italia S.p.A con sede a Ghedi, nel Bresciano. Nel 2021, UVision ha firmato un accordo strategico con l’entità italiana per la produzione su licenza e lo sviluppo di munizioni vaganti di tipo Hero. La partnership vede RWM Italia in qualità di prime contractor per il mercato europeo, fornendo e producendo alcuni componenti di munizioni, sistemi di assemblaggio e gestendo il supporto logistico.

Ma le partnership italo-israeliane hanno una lunga tradizione, soprattutto in rifornimenti da parte israeliana, intensificati dal 24 febbraio in funzione antirussa. Come il caso dei due sofisticati aerei di pronto allarme e intelligence da destinare alle cosiddette «missioni speciali» dell’Aeronautica militare CAEW (Conformal Airborne Early Warning & Control System) basati sulla piattaforma del jet Gulfstream G550 sviluppato dall’azienda statunitense Gulfstream Aerospace, appositamente modificato e potenziato dalla israeliana Elta Systems Ltd, società del gruppo IAI, acquistati il 13 settembre 2022 dal dimissionario Mario Draghi per 550 milioni di euro, come ricordava “il manifesto”; questi due velivoli si vanno ad aggiungere agli 8 aerei spia acquistati per quasi un miliardo e mezzo nel 2020 sempre da Elta.

Il soldato e la sua macchina: l’estensione del fantaccino con la sua protesi kamikaze

Ma la spesa era già lievitata l’anno precedente: infatti la notizia sull’ennesimo folle progetto bellicista del governo e delle autorità militari è stata data da “Milex”, l’Osservatorio sulle spese militari nel novembre 2021: il costo complessivo del programma è stimato in 3,878 milioni di euro in cinque anni, ma il ministero della Difesa ha voluto precisare che in sede di negoziazione del contratto «sarà ritenuta ammissibile una deviazione negli oneri del 10%”. Come dire che alla fine, se tutto andrà bene, i contribuenti italiani si faranno carico di 4,266 milioni di euro».

L’ultima notizia in ordine di tempo  – raccapricciante perché coinvolge accademia (università di Bari), enti locali (comune di Bari) – ripresa da “PagineEsteri”: un classico esempio di dual use questo progetto “Drone-Tech”, che prevede l’uso di droni israeliani per la ricerca di discariche abusive… che poi potrà svolgere le medesime funzioni di controllo e missione in territorio di guerra. Partner sarebbero il Distretto Tecnologico Aerospaziale pugliese (in cui spiccano le Università del Salento-Lecce e “Aldo Moro” di Bari, il Politecnico di Bari, l’Enea, il Cnr, Leonardo SpA, Avio Aereo, IDS – Ingegneria dei Sistemi) e High Lander Aviation Ltd, società con sede nella cittadina israeliana di Ra’anana, nei pressi di Tel Aviv, tra i collaboratori della quale si annovera il gruppo Sightec che ha fornito al colosso industriale IAI – Israel Aerospace Industries – le tecnologie di scansione impiegate a bordo di “MultiFlyer”, il nuovo piccolo drone-elicottero immesso nel mercato per svolgere un largo numero di operazioni dual, civili e militari-securitarie, come ha serenamente riferito all’Ansa il presidente del Distretto Aerospaziale Giuseppe Acierno:

«Siamo contenti di essere stati ritenuti idonei al programma di cooperazione industriale italo-israeliano sostenuto dal ministero degli Esteri. Il consolidamento della nostra collaborazione con i partner israeliani ci aiuta a stare vicino ai livelli più alti di innovazione e ci permette di rafforzare collaborazioni con un Paese che rappresenta l’eccellenza mondiale nel campo dei droni. Il progetto continua nello sforzo di rafforzare ed internazionalizzare le conoscenze e le capacità che il Distretto Tecnologico sta capitalizzando nella sperimentazione di servizi innovativi con droni per Bari Smart City e avvicina il sistema aerospaziale israeliano, tra i più avanzati e dinamici, a quello pugliese, per generare nuove opportunità per lo sviluppo di competenze e nuove forme di imprenditorialità».


  • Israele è comunque al centro di tutto il traffico d’armi in Europa e Medio Oriente

  • La Germania ha iniziato a settembre (si evince da un agenzia della Reuters) trattative per acquistare il sistema di difesa missilistico Arrow 3 da Israele, una parte dei 100 miliardi stanziati da Berlino per ammodernare la Wehrmacht dopo l’invasione dell’Ucraina. Gli intercettori Arrow 3 sono progettati per volare oltre l’atmosfera terrestre, lì le loro testate si staccano per trasformarsi in satelliti che inseguono e colpiscono i loro bersagli. Questi abbattimenti ad alta quota hanno lo scopo di distruggere in modo sicuro i missili nucleari, biologici o chimici in arrivo
  • E gli Usa triangolano con Israele per far pervenire armi all’Ucraina, come esposto dal “NYT“: il Pentagono sta attingendo a una vasta ma poco conosciuta scorta di munizioni americane in Israele, accumulata nelle molte missioni “umanitarie” mediorientali. Israele ha costantemente rifiutato di fornire armi all’Ucraina per paura di danneggiare le relazioni con Mosca: un rapporto di interesse per Israele che porta dal 2013 raid aerei all’interno della Siria per bloccare il passaggio di armi con cui i pasdaran riforniscono gruppi armati come Hezbollah o quelli palestinesi. Sorvola così i cieli di Damasco sotto il controllo russo; la Russia non vedrebbe questa recente mossa come un cambiamento di politica da parte di Israele, perché non si tratta di munizioni israeliane.
  • Un dato significativo in ambito mediorientale è quello della vendita agli Emirati del sistema di difesa aerea israeliano Barak. I primi abboccamenti erano avvenuti a gennaio in seguito agli attacchi con droni Houthi. Gli Emirati Arabi Uniti si erano cominciati a rivolgere a gennaio 2022 a Israele in seguito agli attacchi Houthi portati con i Qasef 2K di fabbricazione iraniana, come avevamo già riportato nella scheda del 17 gennaio). Non è chiaro quale versione del Barack sia stata impiegata, poiché Israel Aerospace Industries produce una famiglia di sistemi moderni basati sul Barak-8 originale. Originariamente progettato e coprodotto con l’India per essere un sistema navale, il Barak è stato modificato e aggiornato per funzionare con le forze terrestri. La IAI ha rifiutato di commentare questo rapporto. Una versione potenziale, il Barak-MX, è stata recentemente acquistata dal Marocco. Secondo IAI, si tratta di un sistema di difesa cinetica progettato per difendere da una serie di minacce aeree di giorno e di notte e in tutte le condizioni atmosferiche; può essere utilizzato con una serie di intercettori diversi la cui gittata va da 35 chilometri a 150 chilometri.
  • Dalla firma degli Accordi di Abraham nel 2020, che hanno normalizzato le relazioni tra Israele, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Marocco, le aziende israeliane del settore della difesa hanno cercato di scoprire i nuovi potenziali clienti.
  • «Sono già stati conclusi oltre 3 miliardi di dollari di nuovi affari nella regione» (“BreakingDefense”)

    Il cliente più recente di Uvision è l’Argentina, il primo paese latinoamericano ad acquistare le munizioni Hero-120 e Hero-30.


  • Ma è soprattutto l’aspetto di sperimentazione e messa in pratica che Tsahal mette a disposizione, fedele alla regola per cui si vendono solo macchine sperimentate sul campo: questa è testimoniata dalla nuova vita degli Apache, elicotteri per il prossimo quarto di secolo, la modernizzazione eseguita dalla Boeing, come rivelato a ottobre da “BreakingDefense“, dotati di missili Spike, sperimentati da Israele (ma con interessi anche francesi) nella esposizione di “DefenseNews” si assiste a una collaborazione tra Lockheed Martin e Rafael Advanced Defense Systems che hanno recentemente completato dei voli di prova in Israele per prepararsi a uno scontro a fuoco; queste esercitazioni permetteranno di scegliere l’arma di precisione a lungo raggio da montare sugli AH64-E Apache.

    Le munizioni a lungo raggio per i futuri velivoli dell’esercito saranno fondamentali per impegnare le posizioni difensive del nemico da una distanza confortevole, ovvero al di là del raggio di rilevamento del nemico e lo Spike Non-Line-of-Sight è stato reso compatibile con il lancio dal Modular Effects Launcher, in ase di sviluppo per l’esercito statunitense.

tayfun
«Siamo molto entusiasti di questa nuova partnership che sfrutta la vasta esperienza di integrazione della piattaforma e sviluppo del carico utile di Leonardo DRS con le sinergie tecnologiche di SpearUAV. Abbiamo riconosciuto la Spear come un’azienda all’avanguardia nel campo dell’intelligenza artificiale e della tecnologia dei sistemi a pilotaggio remoto. Viper espande i nostri attuali sforzi nel campo dei droni” (Aaron Hankins, general manager di DRS Land Systems.). «Vogliamo fornire agli utenti la possibilità di utilizzare Viper allo stesso modo con cui farebbero con qualsiasi altro pezzo di equipaggiamento da combattimento o munizione, come un proiettile o una granata. Si tratta di uno strumento da campo di battaglia; è pronto e pensato per essere usato in qualsiasi momento e senza esitazione. E potrebbe esserlo da un soldato di fanteria o dagli equipaggi di piattaforme terrestri o navali» (Gadi Kuperman, a capo del consiglio di amministrazione di SpearUAV).

Sulla base dell’Accordo di Cooperazione nel campo della Ricerca e dello Sviluppo Industriale, Scientifico e Tecnologico tra Italia e Israele, nel corso del 2022 sono stati individuati i seguenti progetti ammessi a ricevere un sostegno finanziario da parte del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale:

  • Drone Tech – partner: Distretto Tecnologico Aerospaziale e High Lander Aviation Ltd.
  • ASTI – Auto System THA Insertion – partner: Politecnico di Torino/Intrauma S.p.A. e Value Forces Ltd.
  • We –CAT – partner: Università di Milano Bicocca e Bar Ilan University.
  • GreenH2 – partner: Politecnico di Milano e The Hebrew University of Jerusalem.
  • Hydrogen Sensors – partner: Università degli Studi dell’Aquila e Tel Aviv University.
  • IVANHOE – partner: Università degli Studi dell’Aquila e Ben Gurion University of the Negev.
  • Bio-SoRo – partner: Sapienza Università di Roma e Ben Gurion University of the Negev.
  • F2SMP – partner: Università degli Studi di Pavia e Technion Israel Institute of Technology.
  • C-IGrip – partner: Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia e The Hebrew University of Jerusalem.
  • BIONiCS – partner: Università degli Studi di Genova e Tel Aviv University.

11 dicembre

      • Tayfun e le ambizioni neo-ottomane di uno stato militarista

            • Qualche anno fa si è cominciato a mettere in dubbio il concordato mondiale che vedeva l’Onu come il luogo dove arginare la possibilità che un autocrate potesse scatenare una nuova guerra mondiale. Le picconate conclusive su quel poco di autorevolezza che l’Onu aveva ancora fino a pochi lustri fa sono arrivate da Trump e da lì è come se tutte le democrature avessero capito che era saltato il tappo che doveva aiutare a comporre i conflitti riducendo (se non annullando, come nel primo dopoguerra) l’importanza della forza bruta.
              Tra chi ha sfruttato maggiormente questo nuovo modo di affrontare i conflitti e le dispute mondiali ci sono i paesi che animano quello che si può ormai definire il Protocollo di Astana, periodico incontro tra potenze locali, per regolare una sorta di paradossale alleanza spartitoria tra la Russia, l’Iran e la Turchia. Se la prima si è lanciata nell’avventura ucraina che procede innanzitutto facendo carta straccia della diplomazia dell’Onu, la Turchia ha già assestato qualche colpo alla Nato, l’altro apparato militare occidentale, annunciando l’offensiva sia verso il Rojava, sia verso la Grecia: l’11 dicembre “Ekatimerini” riporta la consueta serie di bellicose dichiarazioni elettoralistiche del bullo Erdoğan contro la Grecia (altro membro Nato), minacciando di colpire Atene con un missile Tayfun, «se non rimarrete calmi». Qualche giorno prima il ministro degli Esteri turco Mevlut Čavusoglu ha minacciato la Grecia di invaderla se non smilitarizzerà le sue isole del Mar Egeo, ha detto che la Turchia «arriverebbe all’improvviso da un giorno all’altro», un’espressione che i funzionari turchi amano usare spesso.

              Il problema è che il bullo dispone già del secondo esercito più potente della Nato e il tredicesimo per forza armata attiva disponibile. E sta riarmandosi a ritmi forsennati, procurandosi ogni tipo di armi e «dato che l’anno prossimo la Grecia dovrà affrontare una doppia elezione, in cui è probabile che tra le due tornate elettorali si insedi un governo di transizione, i funzionari governativi temono che Erdogan possa far coincidere l’incidente con questo periodo di minore stabilità della politica greca».

              • “Future Defense” ha lanciato una serie di video su YouTube per avvertire dell’iperattivismo turco:

              .

              Si comincia con il 14 ottobre: nel video si assiste alle mirabolanti imprese del quadruplo missile da crociera turco da imbarcare su fregate

              • Roketsan, continua a lavorare sul Sistema di Lancio Verticale Nazionale, chiamato Mildas, e sui missili di difesa aerea che saranno utilizzati in esso; l’obiettivo finale è quello di integrare il Quad-Pack funzionale, con la capacità di lanciare più missili da crociera. Le fregate della classe Istif, o TCG Istanbul, avranno un sistema di lancio verticale a 16 celle. e Se il pacchetto funzionale Quad-Pack sarà integrato nel sistema di lancio verticale, ogni cella potrà essere equipaggiata con 4 missili di difesa aerea.
                In questo modo, invece di 16 missili pronti a sparare, il sistema avrà 64 missili di difesa aerea.

                • Altro prodotto Roketsan è il missile Sungur, mostrato in questo video del 10 dicembre 2022 di “Military Coverage”:
                • Il Sungur Air Defense System è un sistema missilistico di difesa aerea a corto raggio integrato nel veicolo blindato tattico a ruote Vuran, ha 8 chilometri di gittata; se da un lato il sistema missilistico aumenta l’accuratezza nel colpire i bersagli grazie alla tecnologia Imaging Infrared Seeker (IIR), dall’altro presenta un importante vantaggio nella distruzione dei bersagli aerei grazie alla sua testata, che ha una potenza esplosiva superiore a quella dei sistemi simili disponibili nell’arsenale di Ankara.
                • E non poteva mancare il nuovo gioiello Baraktar: Kızılelma il regalo di Natale per i vicini ellenici: un caccia senza pilota supersonico, descritto su “DefenseNews“:
              • Il Kızılelma può rimanere in volo fino a 4-5 ore, controllato via satellite attraverso l’antenna Satcom. È alimentato da motori turbofan AI-322F dell’azienda ucraina Ivchenko-Progress.
                Il jet è dotato di un radar Aesa costruito da Aselsan e sarà in grado di lanciare missili aria-aria Bozdogan e Gokdogan. Per la guerra di superficie, il futuro aereo senza pilota sarà armato con missili da crociera SOM-J con una gittata di oltre 250 km e bombe guidate della famiglia MAM, prodotte da Roketsan, per missioni di piccolo attacco
              • Di questi droni supersonici è dotata la nave d’assalto Anadolou una nave strategicamente diventata portadroni quando gli Usa vietarono l’acquisto di F35 alla Turchia, questa ammiraglia vanta a bordo anche elicotteri d’attacco AH-1W SuperCobra e S-70 Seahawk.

          • A cui si aggiunge Anka-3, presentato all’“INDO Defense Expo & Forum 2022” di Jakarta, tenutosi a novembre e illustrato in questo video natalizio:
        • Il sistema, sviluppato sulla base dell’esperienza acquisita con i droni della classe Anka, è stato presentato in anticipo sulle previsioni (e non è una buona notizia): con un motore a reazione turbofan, il drone avrà un peso massimo al decollo di 7000 chili e sarà in grado di trasportare non solo sensori per la sorveglianza, ma anche armi. Il vicepresidente turco Fuat Oktay ha dichiarato che l’Anka-3 sarà in grado di colpire i sistemi di difesa aerea nemici. L’Anka-3 assomiglia al drone multiuso X-47B di Northrop Grumman, che ha volato per la prima volta quasi 12 anni fa e ha una velocità di crociera di quasi 1000 km/h.
          Una delle aspettative per l’ANKA-3 è che sia in grado di operare in tandem con il futuro caccia turco TF-X, un’altra piattaforma prodotta da TAI.

    La Turchia a novembre aveva messo in servizio dalla Marina turca il suo nuovissimo Ucav Aksungur Male nell’ambito dell’esercitazione navale “Mavi Vatan 2022”, caricando munizioni teleguidate Mam-L di produzione nazionale su un bersaglio di superficie, una nave militare. L’Aksungur può svolgere missioni di intelligence, sorveglianza, ricognizione e attacco in tutte le condizioni atmosferiche, di giorno e di notte, con un’elevata capacità di carico utile di 750 kg, può rimanere in volo per 60 ore.

      • Risale al 6 dicembre il lancio di “NavalNews” relativo ai sottomarini nucleari targati Type 214TN, Nell’ambito del progetto, il primo sottomarino, il Piri Reis, in costruzione presso il cantiere navale di Golcuk, è stato varato nel 2019 e ha galleggiato in acqua nel marzo 2021. Il secondo sottomarino Hizir Reis, entrato in bacino di carenaggio il 24 maggio 2022, dovrebbe entrare in servizio nel 2023. A partire da quest’anno, sarà commissionato un sottomarino all’anno e 6 sottomarini della classe Reis saranno consegnati alla Marina turca entro il 2027. La Marina turca dispone di una flotta di 12 sottomarini composta da quattro classe Ay (Tipo 209/1200), quattro classe Preveze (Tipo 209T/1400) e quattro classe Gür (Tipo 209T2/1400), tutti sottomarini d’attacco a propulsione convenzionale (diesel-elettrica). Entro il 2027, la Turchia opererà con sei sottomarini AIP classe Reis.
      • La classe Reis porterà benefici non solo alla Marina turca, ma anche alla base tecnologica e industriale della difesa turca. Il know-how e l’esperienza acquisiti con il progetto del sottomarino classe Reis saranno un forte riferimento per i sottomarini indigeni che saranno costruiti nell’ambito del progetto del sottomarino nazionale (Milden), attualmente in fase di progettazione e la cui costruzione è prevista per il 2030. Molti subappaltatori turchi, tra cui ASELSAN, HAVELSAN, MilSOFT, Defense Technologies Engineering and Trade Inc. (STM), Koç Information and Defense, Scientific and Technological Research Council of Turkey (TÜBİTAK) e AYESAŞ, stanno lavorando ai sottosistemi dei sottomarini della classe Reis, come il sistema di navigazione e gestione dei dati, il collegamento dati, il sistema di contromisure per i siluri.I sottomarini della classe Reis di tecnologia tedesca sono caratterizzati da un sistema di propulsione basato sulla cella a combustibile di Howaldswerke-Deutsche Werft (HDW). I sottomarini hanno una lunghezza di 68,35 metri, un diametro esterno di 6,3 metri, un dislocamento di 1850 tonnellate e una capacità di 40 persone. ThyssenKrupp Marine Systems ha costruito i sottomarini della classe Reis nel cantiere turco di Golcuk, come da contratto del 2009. Il sottomarino è in grado di effettuare dispiegamenti di lunga durata senza dover fare snorkeling. Sono dotati di siluri pesanti (MK48 Mod 6AT e DM2A4), missili antinave (Sub-Harpoon) e mine. Il siluro pesante turco Akya e il missile antinave Atmaca dovrebbero essere montati sui prossimi sottomarini del progetto. I sottomarini della classe Reis saranno in grado di svolgere missioni come operazioni in acque litoranee e pattugliamenti oceanici, comprese operazioni antisuperficie e antisommergibile, compiti ISR e operazioni di forze speciali; sembrano fatti apposta per il controllo delle acque greche.
      • E ciliegina finale su questa torta di miliardi e arsenali micidiali, il missile balistico alluso da Čavusoglu all’inizio di questa scheda: il nuovo missile balistico con una portata di 1000 chilometri: il Tayfun
tayfun
«Le nostre attività sui sistemi di difesa aerea continuano sotto il coordinamento della presidenza delle Industrie della Difesa. Questo include il nuovo sistema di difesa aerea Trench con una maggiore portata e i blocchi su cui stiamo lavorando. Inoltre è iniziata la produzione di massa del nostro missile di difesa aerea Sungur, di recente sviluppo, e le consegne di massa alle Forze Armate turche inizieranno presto. Il nostro missile Sungur è la nostra soluzione per la parte a bassissima quota del nostro sistema di difesa. In questo senso, pensiamo che entrambi i nostri prodotti acquisteranno grande importanza nel prossimo periodo» (Murat Kurtuluş, vicedirettore generale di Roketsan).

La Grecia dal canto suo nell’ultimo anno ha principalmente posto la sua attenzione su Corvette (in acquisto da Fincantieri), ma partecipa anche all’accordo europeo tra Francia, Germania, Italia, Olanda e Gran Bretagna per lo stanziamento di 28 milioni di dollari per il progetto Next-Generation Rotorcraft Capability (NGRC) per la produzione di un elicottero le cui caratteristiche dovranno essere definite dai committenti: «In collaborazione con l’industria, i partecipanti partiranno da zero per esplorare come abbinare le loro esigenze con le più recenti tecnologie sul mercato, esaminando opzioni come la propulsione ibrida ed elettrica, un’architettura di sistema aperta e sistematica e la fornitura di caratteristiche di volo radicalmente migliorate», si legge nel comunicato della presentazione a Eurosatory.

NGRC

La Grecia ha presentato Archytas, il suo drone dual use all’expo di Salonicco, una macchina dedita al pattugliamento di confini di mare e di terra.
Rispetto ai caccia: alla Turchia non sono concessi quelli più performativi e schierano “soltanto” gli F-16, invece i greci fanno parte del progetto F-35, lo stesso che dopo l’incidente di natale ha spinto American Aircraft Production Administration a lasciare a terra i velivoli in attesa di accertamenti.

5 dicembre

    • Licenza di (contro)spionaggio per DigitalPlatforms: il certificato TEMPEST

      • “Formiche” informa che il gruppo industriale italiano DigitalPlatforms è entrato nell’elenco delle aziende classificate e abilitate come produttori TEMPEST sia dal Consiglio dell’Unione europea sia dalla Nato. Gli apparati Tempest consentono una difesa totale da attacchi elettromagnetici; è una sigla della Nsa (National Security Agency) statunitense. TEMPEST ((Telecommunications Electronics Material Protected from Emanating Spurious Transmissions) riguarda sia i metodi per spiare gli altri sia le modalità di schermatura delle apparecchiature contro tale spionaggio. Gli sforzi di protezione sono noti anche come sicurezza delle emissioni (EMSEC), che è un sottoinsieme della sicurezza delle comunicazioni (COMSEC).
        I servizi TEMPEST e di Sicurezza Elettromagnetica supportano i clienti nella comprensione e nella gestione del livello di segnali emessi dalle apparecchiature che possono rivelare dati sensibili: cioè TEMPEST rileva attraverso standard di certificazione quanto sia vulnerabile il sistema informatico-comunicativo di cui ci si avvale e mette in atto contromisure al rischio di trasmettere involontariamente informazioni.
        Gli standard TEMPEST prescrivono elementi quali la distanza delle apparecchiature dalle pareti, la quantità di schermatura negli edifici e nelle apparecchiature e la distanza che separa i cavi che trasportano materiali classificati da quelli non classificati (Nsa).
      • La Fondazione ICSA , di cui è presidente il generale Leonardo Tricarico, ha organizzato sempre per il 5 dicembre 2022 l’evento “Difesa della sovranità digitale ed elettromagnetica. La tecnologia TEMPEST per la protezione dei sistemi informatici da interferenze ed intercettazioni elettromagnetiche“
    • «L’iniziativa nasce dalla considerazione che l’esito degli ultimi conflitti bellici globali e, soprattutto, il protrarsi della guerra russo-ucraina nel cuore dell’Europa, impongono un urgente aggiornamento della dottrina militare e dei modelli di intervento in direzione di un significativo irrobustimento dell’approccio multidominio MDO (Multi Domain Operations) e delle attività CEMA (Cyber Electromagnetic Activities) per la sicurezza militare e nazionale» (gen. Leonardo Tricarico, “SNews”).

      L’evento Icsa intendeva incrementare la conoscenza e la diffusione della cultura del TEMPEST ed è interessante notare la coincidenza dell’evento con la certificazione attribuita a DigitalPlatforms

  • Il target dei servizi TEMPEST è rivolto a clienti che sono forze armate nell’ambito Nato. Un fornitore di prodotti TEMPEST ha dimostrato di aver soddisfatto una serie di criteri per ottenere la certificazione del proprio prodotto. Questo dà agli utenti finali la certezza che i prodotti soddisfino i requisiti TEMPEST. Tra questi spiccano gli elicotteri AW149 di Leonardo UK
  • , come attesta il National Cyber Security Centre britannico (macchina da guerra in gara per una fornitura di 44 esemplari al governo britannico per 1,2 miliardi).
  • Il 5 e 6 gennaio 2023 si terrà a Shanghai il quarto appuntamento dell’Asia Cybersecurity Innovation Summit che intende monitorare gli investimenti nella sicurezza in rete: la previsione è che l’investimento totale in hardware, software e servizi legati alla sicurezza di rete a livello globale aumenterà fino a 223,34 miliardi di dollari nel 2025, con un tasso di crescita composto (CAGR) quinquennale del 10,4%. La stima della spesa cinese sarà di 21,46 miliardi di dollari, crescendo del 20,5%. Questo evento combinerà in modo completo politiche e normative per fornire una piattaforma completa di apprendimento e comunicazione per i professionisti della tecnologia della sicurezza di rete e delle normative.
Tempest
«Essere entrati a far parte dei Produttori Tempest accreditati è davvero una splendida notizia per la nostra azienda che, in questo modo, incrementa la propria brand awareness nel mondo difesa, ma anche un orgoglio, perché costituisce la prova di una capacità italiana in piena sovranità digitale, pronta a battersi anche sui mercati internazionali, potendo contare su due grandi camere anecoiche e sul know how ventennale» (con prosopopea aziendal-sovranista Claudio Contini, ad di DigitalPlatforms)

5 dicembre

    • Il mercato si spartisce

      • Di nuovo come per gli ultimi anni si assiste a un incremento degli investimenti per costruire e dotarsi di armi nel bilancio della difesa italiana, parallelo aumento a quello della vendita mondiale di ordigni. Si ricava dai dati dell’Osservatorio Milex e dal rapporto annuale del Sipri svedese, alle cui informazioni avevamo già attinto per l’editoriale di ottobre riguardo all’import/export tra il 2017 e il 2021.

        «Il rapporto del Sipri, l’istituto svedese che monitora il commercio mondiale delle armi, è dedicato alle  “Top 100 arms companies” ed è stato reso pubblico il 5 dicembre. Dice che le vendite di armi e servizi militari da parte delle 100 più grandi aziende del settore hanno raggiunto 592 miliardi di fatturato nel 2021, un aumento dell’1,9 per cento rispetto al 2020 in termini reali. Aggiunge che l’aumento segna il settimo anno consecutivo nella crescita globale della vendita di armi. I dati sono di prima della guerra in Ucraina».

    • così sintetizza Emanuele Giordana sull’“Atlante delle Guerre”, che nell’occhiello riassume: «A causa della pandemia e della crisi nella logistica rallenta la produzione ma il saldo del commercio mondiale delle armi continua ad aumentare. L’Italia conquista posizioni nel Top 100 dei produttori».
      Il rapporto Sipri ci racconta che le vendite di armi e servizi militari da parte delle 100 più grandi aziende del settore hanno raggiunto 592 miliardi di fatturato nel 2021, un aumento dell’1,9 per cento rispetto al 2020 in termini reali e negli ultimi vent’anni l’incremento del valore è stato del 174%, passando dai 201 miliardi del 2002 ai 592 del 2021 e vede Lockheed con profitti doppi (più di 50 miliardi annui) rispetto ai secondi classificati (Boeing e Northrop – circa 30 miliardi a testa) di questa classifica di mercanti di morte, che li vede incalzati a poca distanza da Raytheon, General Dynamics e BAE; dopo il pantheon Usa si trovano 4 marchi cinesi tra 15 e 20 miliardi (Avic, Norinco, Cetc, Casc); poi di nuovo poco sotto le statunitensi L3Harris e United Technologies, di nuovo Casic cinese e 14esima la prima ditta europea (Airbus) con 15 miliardi – azienda transeuropea – subito incalzata dall’italiana Leonardo con un miliardo in meno (13,9). Seguono sotto ai 10 miliardi la russa Almaz-Antey e la francese Thales.
    • Alfonso Navarra (“DisarmistiEsigenti”) scrive che dalle tabelle del ministero della Difesa, del Mise, del Mef riassunte dall’Osservatorio Milex l’incremento della spesa militare italiana raggiunge gli 800 milioni di euro, raggiungendo in previsione per il 2023 i 26,5 miliardi; la spesa per il riarmo italiano del prossimo anno supererà gli 8 miliardi. Esalta il dato con orgoglio “Formiche”:
    • «Le realtà industriali italiane hanno registrato un incremento percentuale nelle vendite militari del 15%, un risultato superiore a quello di tutte le altre regioni (eguagliato solo da Parigi). L’Italia da sola copre il 2,8% delle vendite globali del 2021. Nel dettaglio, nel 2021 Leonardo ha aumentato le sue vendite di difesa del 18%». L’exploit ha una ricaduta non solo a livello globale, dove l’Italia gioca da protagonista, ma anche sull’intero sistema economico, di cui il settore aerospazio, sicurezza e difesa rappresenta un segmento cruciale, anche per i ritorni in termini di tecnologia e innovazione. La crescita delle esportazioni segnala come la bilancia commerciale sia positiva per il comparto Difesa; nonostante la guerra in Ucraina, se da una parte ha innalzato la domanda, abbia avuto anche effetti importanti sulle supply chain di diverse realtà industriali, dato che la Russia è sempre stata un importante fornitore di materie prime necessarie per la produzione».

  • Questa valanga di miliardi ci travolge e lascia attoniti e non si riesce nemmeno a conferirgli una dimensione reale; ma forse il mercato va letto a comparti e allora si riuscirebbe a capire più facilmente come si muove e quali sono le correnti che lo animano: le alleanze tra ditte apparentemente concorrenti, che invece stipulano accordi spartitori per alternare i prodotti proposti ai potenziali clienti, consentono di collocare sul mercato, in tempi regolati dalle aziende stesse, articoli simili con alcune differenze, appetibili da tutti, per poter usufruire dell’intera gamma.Allora alla luce di quella classifica diventa emblematica la vicenda narrata da “BreakingDefense” di L3Harris – 5 posizioni sopra a Leonardo – che nella joint venture per fabbricare aerei da rifornimento con la brasiliana Embraer (il vero outsider, che coglie l’affare) aggira le guerre tra aziende per spartirsi i contratti, concordando due prodotti di scala diversa e prodotti da concorrenti che si spartiscono il mercato, raddoppiando le vendite.
  • Tra il 2012-16 e il 2017-21 si sono verificate diminuzioni complessive delle importazioni di armi in tre regioni del mondo: Americhe (-36%), Africa (-34%) e Asia e Oceania (-4,7%). Nel 2017-21 le importazioni di armi da parte degli stati sudamericani sono state inferiori rispetto a qualsiasi quinquennio degli ultimi cinquant’anni. In controtendenza solo il Brasile, unico stato del Sud America ad avere ingenti consegne di armi in sospeso.
    • Infatti ascrivendo l’Embraer KC-390 alla serie di aerocisterne più piccole e “tattiche” vuol dire escluderlo dal programma KC-Y, il “bridge tanker” che dovrebbe colmare le potenziali lacune tra il momento in cui la parabola dell’imponente KC-46 sarà conclusa e il prodotto della Boeing sarà pronto all’avvicendamento con il suo successore, chiamato KC-Z – dopo il breve interregno del KC-Y, per il quale si sono già schierate le ditte che troviamo in testa alla classifica pubblicata dal Sipri: Boeing, il cui KC-46A aveva vinto la medesima battaglia una decina di anni fa sui rifornimenti – che sono essenziali, e i generali in quiescenza (preposti dovunque alla fureria) ne sono consapevoli –, e un team di Lockheed Martin (primo in assoluto tra i fornitori di armi) e Airbus (prima azienda europea), che sta offrendo una versione dell’A330 MRTT prodotto dal marchio europeo, denominata LMXT per il consumo nazionale – bimotore turboventola multiruolo da trasporto militare e rifornimento in volo, come indicato dalla sigla MRTT, derivato dall’aereo di linea Airbus A330-200.

      In realtà si tratta di un avvicendamento: l’A330 era risultato secondo classificato rispetto al KC-46, e Northrop Grumman è stato il primo contraente statunitense (a completare il gotha delle aziende più importanti del settore bellico). E il “piccolo” KC-390 non è un prodotto in concorrenza, ma complementare, come spiega Kubasik, ceo di L3Harris, il colosso di media caratura che ha fatto l’affare con Embraer, che sta attualmente producendo un totale di 22 KC-390 per le forze aeree brasiliane, e anche Portogallo, Olanda e Ungheria hanno firmato per l’acquisto del velivolo:

    «Penso che il punto chiave che abbiamo detto ai nostri clienti è che questo è complementare, giusto? Voglio dire, avete queste grandi petroliere strategiche molto critiche che trasportano il doppio del carburante, – ha proseguito. – Il carburante è la sfida logistica numero uno per gli aerei, quindi perché non volere più capacità di rifornimento, di dimensioni e forme diverse? Penso che non siamo in competizione con nessun altro. Siamo complementari. Credo che i due strateghi avranno il loro solito botta e risposta. Penso che questo sia – non voglio dire che sia irrilevante per Usaf, ma penso che sia semplicemente “Ok, questo riempie il vuoto”».

  • Nel settore meno spettacolare, ma più sensibile della guerra dei cieli in questo appalto sta la dimostrazione di come quella classifica Sipri rispecchia solo il peso specifico e il potere contrattuale nelle trattative tra le ditte produttrici che si spartiscono e creano il mercato. Alleandosi per una spartizione della torta “senza guerre” (tra loro).
KC-46
«Il tema ricorrente nel settore militare è la disaggregazione. Così, invece di avere una quantità di grandi aerocisterne strategiche, che mettono molte uova in un unico paniere, si possono integrare con queste “aerocisterne tattiche”, se preferite, e lavorare insieme» (Chris Kubasik, amministratore delegato di L3Harris alla conferenza dell’Air and Space Forces Association).

29 novembre

    • I coyotes mondiali

      • Il 29 novembre Defense Security Cooperation Agency pubblicava la notizia della concessione da parte del Dipartimento di stato americano della vendita di sistemi di difesa antidrone per una spesa pari a un miliardo di dollari in cambio di 10 Fixed Site-Low, Slow, Small Unmanned Aircraft System Integrated Defeat System (FS-LIDS) System of Systems, includendo 200 Coyote Block 2 interceptors; e poi Counter Unmanned Electronic Warfare System (CUAEWS); Coyote launchers; Ku Band Multi-function Radio Frequency System (KuMRFS) radars; Forward Area Air Defense Command e Control (FAAD C2); Counter Unmanned Electronic Warfare Systems (CUAEWS).
      • Lo riportava “BreakingDefense” sottolineava come i principali contractor Raytheon, Northrop Grumman and R&D company SRC.A Marzo si leggeva nel rapporto Sipri del confronto tra il 2017-2021 con il decennio precedente e riprendiamo da lì per inquadrare questa notizia novembrina in omaggio all’esiziale mondiale di calcio ottenuto da Doha (che secondo quel dossier aveva incrementato la spesa del 227% rispetto al lustro precedente) con la corruzione di Sarkozy, Platini e Guéant prima e poi con il sostegno di parlamentari europei di sinistra che negano l’evidenza del sistema omicida e criminale del Qatar (ci limitiamo a suggerire che Messi e Mbappé giocano entrambi nel Psg, che è di proprietà dell’emiro di Doha, un caso che la finale sia per magia tra le loro due compagini?): infatti l’Atlante delle guerre riassumeva così la situazione del Medio Oriente a marzo:

        «Si stabilizzano le importazioni di armi in Medio Oriente. Dopo il forte aumento registrato nel decennio precedente (86% in più tra il 2007-11 e il 2012-16) gli stati mediorientali hanno importato ‘solo’ il 2,8% di armi in più nel 2017-21 rispetto a quello precedente. Il conflitto in Yemen e le tensioni tra l’Iran e altri stati della regione restano alla base delle importazioni di armi nell’area. L’Arabia Saudita si conferma un grande importatore, il secondo al mondo, con un 27% in più investito in armi nel periodo 2012-16, rispetto al precedente.
        Le importazioni di armi del Qatar sono cresciute del 227%, spingendolo dal 22esimo importatore di armi al sesto. Al contrario, le importazioni di armi degli Emirati Arabi Uniti sono diminuite del 41%, passando così dal terzo al nono posto. Tutti e tre questi stati, insieme al Kuwait hanno poi effettuato ingenti ordini che prevedono la consegna nei prossimi anni. Nell’area, poi, Israele ha aumentato le importazioni di armi del 19%».

    • E poi le esportazioni statunitensi verso Riyad sono aumentate del 106%. Ma a cosa serve l’enorme quantità di armi, le più disparate per ogni tipo di guerra, sparpagliate per tutta la penisola araba?
KC-46
«La vendita proposta migliorerà la capacità del Qatar di far fronte alle minacce attuali e future fornendo capacità di superare attacchi elettronici e cinetici di sistemi aerei senza pilota. La vendita sosterrà gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, contribuendo a migliorare la sicurezza di un paese amico che continua a essere una forza importante per la stabilità politica e il progresso economico in Medio Oriente» (Dipartimento di stato americano).

Novembre

19 novembre

  • La guerra dei droni da Astana

    • La notizia in autunno sul fronte dell’approvvigionamento dei droni per le attività dell’aviazione russa è che si è raggiunto un accordo per impiantare in tempi brevi  uno stabilimento con la tecnologia iraniana direttamente in territorio russo; a rivelarlo il Washington Post, successivamente rilanciato da tutte le testate del mondo. Come sottolinea “DroneBlog”:

      questo accordo oltre che essere strategico mette in luce ancora di più il rapporto e la cooperazione militare fra Iran e Russia, che sta svolgendo un ruolo chiave in Ucraina. Se il nuovo accordo sarà pienamente realizzato, significherebbe un ulteriore rafforzamento dell’alleanza russo-iraniana. Questo accordo, oltre a migliorare la disponibilità di armi all’esercito russo, toglierebbe dall’isolamento l’Iran, dando una nuova spinta economica a un sistema interno collassato ormai da anni e alle prese con una rivoluzione in atto

  • In piena continuità con gli accordi di Astana, che tanto abbiamo analizzato in OGzero.
    E sempre “DroneBlog” scrive che «finora Teheran ha cercato di presentarsi come neutrale nel conflitto ucraino , ma si scopre che sempre più droni di fabbricazione iraniana vengono utilizzati per attaccare le città ucraine, innescando minacce di nuove sanzioni economiche dall’Occidente». E si insinua una scommessa iraniana sul sostegno che deriverebbe dall’alleanza con Mosca per ricavare valore contrattuale per gli accordi sul nucleare
  •  Peraltro l’industria iraniana dei droni si sta già diffondendo in altri paesi. L’Iran ha aperto a maggio una fabbrica in Tagikistan, che produce il drone Ababil-2, secondo l’Eurasia Times: è stato Zelensky stesso a indicare la strategia di avvicinamento a Mosca da parte di Ankara con fini collegati al Jcpoa.
  • “The Guardian” il 10 novembre accusava l’Iran di aver sostenuto militarmente fin dal 24 febbraio l’alleato russo, ma ancora prima “Wired” riportava un sistema rudimentale – ma efficace – di aggiramento delle sanzioni: contanti e baratto.
  • In estate il baratto sarebbe dimostrato dall’atterraggio il 20 agosto di 2 Ilyushin IL-76 arrivati e ripartiti da Mehrabad (la città del kurdistan iraniano martirizzata il 19 novembre dalle guardie della rivoluzione): trasportava in cambio di droni armi occidentali sottratte agli ucraini, necessarie agli ingegneri persiani per carpire le tecnologie. Ipotesi suffragate da immagini satellitari diffuse da SkyNews e da dichiarazioni rilasciate al Washington Post il 29 agosto da funzionari statunitensi.

Un ultima notazione sull’asse russo/iraniano: i droni iraniani Mohajer-6 contengono molte componenti provenienti dalla tecnologia occidentale (in particolare giapponesi,  secondo James D. Brown) – quindi senza che si debbano trasferire ordigni catturati per studio – stando alle rivelazioni di “la Repubblica”; ma, a dimostrazione che lo spargimento di morte tra civili attraverso macchine a controllo remoto non comporta scelte di campo, il Blog di Antonio Mazzeo riporta un’informazione raccolta da “DefenseNews”:

    • «Il regime turco di Recep Tayyp Erdogan finanzierà la produzione di droni-elicotteri e droni-kamikaze per il mercato nazionale e l’esportazione, decisione che non potrà non essere accolta con favore anche in Italia. La società di engineering aerospaziale Titra Technoloji, con quartier generale ad Ankara, riceverà sussidi economici governativi per realizzare il primo modello di elicottero a pilotaggio remoto in Turchia. Denominato “Alpin”, il drone-elicottero sarà prodotto in dieci esemplari all’anno, “in aggiunta a 250 droni kamikaze”».

    • La Malesia ha scelto la Turkish Aerospace Industries per la fornitura di tre velivoli senza pilota, secondo quanto dichiarato dal ministro della Difesa della nazione del Sudest asiatico e ripreso da “DefenseNews”.
      TAI aveva presentato il suo Anka, un sistema di velivoli senza pilota a media altitudine e lunga resistenza, alla fiera della difesa e dell’aerospazio LIMA nel 2019. Il 18 agosto 2022 il re malese Al-Sultan Abdullah ha visitato le strutture di TAI ad Ankara, in Turchia. Il 7 ottobre TAI ha annunciato un memorandum d’intesa per una collaborazione con il MIMOS, il centro di ricerca e sviluppo della Malesia. Ma perché la Malesia è alla ricerca di queste macchine da guerra? Le forze armate e la Guardia Costiera della Malesia sono impegnate nella lotta alla pirateria lungo le sue coste, inoltre è loro demandato a livello internazionale il controllo e l’antiterrorismo nel Mare di Sulu (tra la Malesia orientale e le Filippine meridionali, dunque all’interno del quadro anticinese del noto contenzioso nel mar cinese meridionale sulle Spratly Island e nello strategico controllo dello Stretto di Malacca).
  • La famiglia di droni Anka è in grado di svolgere missioni di ricognizione, acquisizione e identificazione di obiettivi e raccolta di informazioni. È dotata di tecnologie elettro-ottiche/infrarosse e radar ad apertura sintetica. Il produttore afferma che i velivoli hanno capacità di volo autonomo e possono decollare e atterrare da soli.La famiglia di UAV ha un’apertura alare di 17,5 metri e una lunghezza di 8,6 metri, e ha un tetto di servizio di 30.000 piedi. Possono rimanere in volo all’altitudine operativa di 18.000-23.000 piedi per più di 30 ore.
    • A metà ottobre il Kazakistan e la Turchia hanno annunciato l’intenzione di sviluppare una “cooperazione strategica a lungo termine” che preveda la coproduzione di satelliti e altri sistemi spaziali.
    • «Questo è il primo passo di una forte cooperazione con il Kazakistan nel campo dello spazio. Il memorandum d’intesa che abbiamo firmato con le società Kazsat e Ghalam sulla creazione di una cooperazione strategica a lungo termine nei settori dei satelliti e dello spazio sarà vantaggioso per il nostro paese e la nostra nazione» (Ismail Demir, Tai)

    • Infatti in maggio, secondo le informazioni di “DefenseNews“, era stato firmato un protocollo tra Kazakhstan e Turchia per la coproduzione di droni da gettare sul mercato Asean e produrre in quella che è la prima fabbrica di Bayraktar fuori dai confini turchi, con contratto che prevede anche manutenzione e riparazione. E quell’accordo faceva seguito a quello di aprile con il Kirghizistan che aveva firmato per primo un accordo per l’acquisto di un numero imprecisato di droni armati: infatti  Bishkek aveva pregato Ankara di soprassedere alla vendita dei letali droni a Dushanbe, alla luce delle tensioni sul confine (e questo spiega la rincorsa al riarmo dei due paesi dell’Asia centrale, sfruttata da Ankara per raddoppiare le vendite).
  • Il drone può essere equipaggiato con armi come il lanciamissili a lancio aereo Roketsan Smart Micro Munition e la capsula missilistica guidata Cirit da 2,75 pollici nelle due stazioni d’armamento sotto l’ala per ingaggiare veicoli leggermente corazzati, personale, rifugi militari e stazioni radar a terra. Un evidente monito per le mire espansionistiche di Mosca.
    • L’aggressività non solo verso il mercato della industria bellica turca si appropria anche di ricerche straniere, come quelle che consentono al criminale Erdoğan di arrivare al drone-elicottero: infatti Antonio Mazzeo spiega che questo velivolo è un sistema a pilotaggio remoto che potrà essere impiegato a fini civili ma soprattutto per missioni bellico-militari di intelligence e ricerca e soccorso. Il prototipo del drone-elicottero è lungo 7 metri, alto 2,35 e ha un diametro del rotore di 6,28 metri; ciò gli consente di essere trasportato in veicoli di medie dimensioni. Il suo peso non supera i 540 kg compresi apparecchiature elettroniche e carburante. L’”Alpin” ha una velocità di crociera di 160 km/h e può coprire un raggio d’azione fino a 840 km di distanza, a un’altitudine di 5000 m. L’autonomia di volo varia dalle due alle nove ore, secondo la portata del carico a bordo.
      Ma perché abbiamo usato il verbo “appropriarsi”? La risposta è nel Blog di Antonio Mazzeo (che cita “DefenseNews”):
    • «L’Alpin è basato sull’elicottero italiano ultraleggero con equipaggio umano Heli-Sport CH-7». Il CH-7 è realizzato infatti dalla Heli-Sport S.r.l. di Torino, azienda fondata dai fratelli Igo, Josy e Charlie Barbaro e specializzata nel design e produzione di velivoli ad ala rotante di ridotte dimensioni. La società si dichiara però del tutto estranea dalla vicenda.

    • In effetti l’Alpin nasce da un accordo tra la Titra turca e la Uavos californiana per convertire il CH-7 in elicottero a pilotaggio remoto: la trasformazione dei velivoli italiani in droni-elicotteri è stata avviata dalla statunitense Uavos, mentre il primo test di volo è stato effettuato nel dicembre del 2020 nei cieli della Turchia.

«L’Alpin è stato progettato per andare incontro alle richieste specifiche ed uniche della Turchia e agli interessi speciali della sua industria nazionale per operare come sistema a pilotaggio remoto in una varietà di scenari complessi nei campi civili e della sicurezza», riporta la nota emessa da Uavos a conclusione delle attività sperimentali in territorio turco. «L’elicottero convertito è indispensabile per l’industria logistica dei velivoli senza pilota per trasportare carichi in zone difficili da raggiungere e sfornite di campi di atterraggio». E viene subito in mente la configurazione del Rojava.

La Turchia – benché socio alla pari nelle concertazioni strategiche di Astana – produrrà entro due anni i tanto decantati Bayraktar TB2 in Ucraina: benché più leggeri e meno efficienti nel contrasto di un attacco aereo, i droni turchi secondo l’Agi saranno già in grado di contrastare quelli iraniani.

    • «l’Ucraina ha un ruolo di primo piano nella catena di approvvigionamento di Baykar, in particolare con il nuovo drone pesante Akinci e il jet da combattimento senza pilota Kizilelma, attualmente in fase di sviluppo, montano entrambi motori ucraini MotorSich» (“Analisi Difesa”).

Secondo Barayktar molto presto i droni turchi TB2 e Akinci potranno colpire con buona efficacia oggetti in volo grazie all’integrazione del sistema di difesa Sungur prodotto da Roketsan, mentre i droni iraniani sono pesanti e rumorosi, sono obiettivi facili perché volano a bassa quota.

Invece quelli turchi sono stati opzionati anche dal governo polacco, che ha ricevuto a ottobre 6 dei 24 TB2 comprati.

19 novembre

    • Comprare gas dalla Tunisia con veicoli militari antimigranti

      • LaLa Francia ha portato a Djerba 200 milioni di prestiti in occasione della Organisation internationale de la Francophonie; ma ha anche consegnato alla Tunisia il primo lotto di una donazione comprendente cento veicoli militari fuoristrada Masstech T4 prodotti da Technam in occasione della ventinovesima sessione della Commissione militare franco-tunisina svoltasi dal 15 al 17 novembre nella capitale del paese nordafricano e documentata da “Tuniscope”; i veicoli sono palesemente utili nel contenimento dei migranti. L’ambasciata di Francia a Tunisi sulla propria pagina Facebook ha precisato che durante i lavori della commissione è stato tratto “un bilancio molto soddisfacente” in termini di cooperazione bilaterale per il 2022. In particolare, sono state svolte 60 attività in Francia o Tunisia.Ma quella più interessante è volta a ristabilire l’asse militare tra le due sponde mediterranee:

        «Per Saied – afferma il politologo francese Vincent Geisser rilanciato da “Africanews” – ospitare questo vertice è “un successo” perché lo porterà fuori dal suo isolamento almeno temporaneamente. È una sorta di pacificazione nei suoi rapporti con i suoi principali partner occidentali, userà questo evento per legittimare una svolta autoritaria fortemente criticata».

    • In cambio la Francia cerca di comprarsi gas in quella che era la sua casa coloniale.

  • Questo veicolo, costruito a partire da un telaio Toyota Land Cruiser HZJ76, è blindato, dotato di griglie di protezione contro le proiezioni e di cinque punti di armamento. È in servizio con l’esercito francese sul territorio francese e in OPEX nel Sahel. Viene utilizzato anche dall’esercito reale giordano (“MenaDefense”)
MasstechT4
«Per il prossimo anno è stato delineato un “ambizioso piano di cooperazione” con altre 120 attività in programma. Le forze armate tunisine e francesi intendono “rafforzare le relazioni in materia di addestramento operativo, capacità militari terrestri, aeree e mediche e lotta al terrorismo» (ambasciata francese di Tunisi)

10 novembre

  • Corsa al riarmo in Africa

    • Nel dossier dell’“Atlante delle guerre” a marzo si leggeva: «In Africa subsahariana i cinque maggiori importatori di armi sono stati Angola, Nigeria, Etiopia, Mali e Botswana. Resta un grande importatore l’Egitto che con il più 73% diventa il terzo importatore di armi a livello globale».

    • L’Etiopia ha usato abbondantemente le sue dotazioni prima di arrivare agli accordi di metà novembre: dopo due anni e un numero imprecisato di morti compreso tra mezzo milione e un milione di vittime (qui un intervento di Matteo Palamidessa raccolto da Radio Blackout).

    “Il genocidio atroce e diffuso nel Corno d’Africa”.

  • Il Mali (e il Sahel nella sua integrità) è alle prese con la necessità di difendersi dai tagliagole jihadisti dotati di armi sofisticate e dunque gli eserciti – affrancatisi da operazioni coloniali francesi, ma così indeboliti – cercano di procurarsi strumenti per liberarsi dalla tenaglia dell’insorgenza, come ci ha raccontato Edoardo Baldaro:
  • Collegata a questa situazione è la notizia lanciata da un tweet postato il 5 novembre da “Spoutenik en Français” (palese indirizzo filorusso) relativa alla richiesta a Mosca per l’acquisto di due elicotteri da parte del Burkina di Ibrahim Traoré nel quadro di un trattato di cooperazione con la Russia di Putin (che affonda le radici nei legami intrecciati tra paesi africani che hanno avviato il proprio distacco dall’Occidente con l’appoggio dell’Urss).

Le Président du #Burkina Faso, Ibrahim Traoré à annoncé que dans le cadre d’un traité de coopération avec la #Russie, #Ouagadougou fournira deux hélicoptères MI-171SH à la Russie

“De toute façon on a personne pour les piloter et les entretenir” à précisé le président Traoré pic.twitter.com/K31vy7XRaH

— Spoutenik en Français (@sptnikFR) November 5, 2022

Gli elicotteri sono tra le macchine a uso bellico più ambite nel continente, come documenta Antonio Mazzeo nel suo blog il 10 novembre facendo cenno a una triangolazione di 6 velivoli T-129 “Atak” prodotti in Turchia da Turkish Aerospace Industries su licenza di AgustaWestland (della infinita galassia Leonardo spa) per il governo nigeriano al costo di 61 milioni di dollari. Come sottolinea Mazzeo, la versione turca dell’“Atak” (in uso in Siria, Iraq, Filippine e in futuro in Pakistan) sfodera nuovi sistemi di individuazione e tracciamento dei bersagli ed è dotato di razzi non guidati da 70 mm e missili anticarro L-Umtas.

  • «Nel bilancio della difesa nigeriano per il 2023 è previsto anche uno stanziamento di 4,5 milioni di dollari per l’acquisto di due elicotteri AW109 “Trekker, prodotti in Italia da Leonardo SpA. nel corso di un seminario delle forze armate nigeriane tenutosi a Ibom lo scorso 27 ottobre, il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Oladayo Amao avrebbe confermato l’intenzione di acquisire 24 caccia bimotori M-346 “Master” realizzati negli stabilimenti di Varese-Venegono di Leonardo» (“DefenceWeb”).

  • L’AW109 aveva già riscosso un enorme successo ad agosto al Labace brasiliano:
  • «L’AW109 Trekker, il primo gemello leggero di Leonardo a offrire un carrello di atterraggio a pattino, mantiene la cellula dell’AW109 Grand, l’ampia cabina e le prestazioni di prim’ordine, offrendo al contempo un maggiore carico utile a un costo competitivo, dimostrando così di essere perfettamente in grado di soddisfare i severi requisiti degli operatori in termini di capacità ed economicità. L’AW109 Trekker è dotato di una cabina di pilotaggio in vetro di ultima generazione di Genesys Aerosystems che può essere configurata in base alle esigenze del cliente» (“DGualdo”, un sito evidentemente promozionale di Leonardo)

  • Oltre all’indubbio affare per Leonardo, si può ipotizzare che il gigante africano immagini un innesco di conflitti nell’area… e forse l’odore di bruciato comincia a farsi più forte nella situazione del Nord Kivu, come illustrato in questo intervento di Massimo Zaurrini:
  • “Rischio di Terza guerra mondiale africana dei Grandi Laghi?”.
  • Dunque la Nigeria si sta riarmando potentemente, è sufficiente elencare i prodotti opzionati, prenotati, comprati, acquisiti che riporta “DefenceWeb”, oltre ai T-129 citati da Mazzeo e ai due AW109: gli Stati Uniti hanno approvato la possibile vendita di 12 AH-1Z alla Nigeria nell’ambito di un potenziale accordo da 997 milioni di dollari che include armi ed equipaggiamenti (nonostante i forti dubbi riguardo il mancato rispetto dei diritti umani del regime di Abuja); riceverà due aerei da trasporto C295 da Airbus, agognati dal 2016. La proposta di bilancio della Difesa nigeriana per il 2023 include finanziamenti per la manutenzione degli L-39ZA, degli Alpha Jet e propone 2,7 miliardi di dollari per tre aerei da sorveglianza/attacco MF 212 costruito dalla Magnus Aircraft nella Repubblica Ceca e 3 miliardi (6,8 milioni di dollari) per tre elicotteri Bell UH-1D.
    La BVST ((Belspetsvneshtechnika, ditta bielorussa) ha già collaborato con l’aeronautica nigeriana, fornendo la manutenzione degli elicotteri Mi-35 e l’addestramento; ora ha trasformato gli MF212 in velivoli armati ideali per compiti di sicurezza interna, sorveglianza e pattugliamento. A quanto pare, può essere equipaggiato con un gimbal elettro-ottico iSKY-30 HD e con missili R-60-NT-L o R-60-NT-T-2. In Ottobre il capo di stato maggiore Odalayo Amao aveva già dichiarato che l’Aeronautica militare nigeriana prenderà in consegna due turboelica Beechcraft King Air 360, quattro aerei di sorveglianza Diamond DA 62 e tre veicoli aerei senza pilota (UAV) Wing Loong II. Oltre a dozzine di velivoli ordinati tra il 2016 e il 2021.

Peraltro il mercato africano – ovviamente con le sue richieste. Le disponibilità di spesa e i bisogni commisurati alla tipologia di conflitti che nell’enormemente vasto territorio che costituisce condizioni di combattimento differenti – mette sul piatto finanziamenti corrispondenti alla percezione di pericolo o di preparazione di guerre e quindi mette in piedi una propria frequentata fiera. La biennale Africa Aerospace and Defense Expo di Centurion in Gauteng (Sudafrica) si è tenuta a fine settembre, proiettando in questi ultimi mesi di 2022 le prospettive di collocazione su piazza del nuovo bombardiere B-21 Northtorpe, forse non a caso presentato in Sudafrica per le sue prerogative di deterrenza, come spiega “BreakingDefense” nelle parole del generale dell’aeronautica Jason Armagost riguardo il sistema Sentinel di cui il bombardiere è parte: « Sentinel sarà altamente resiliente e flessibile. Non solo per la nostra sicurezza, ma anche per garantire i nostri partner e alleati in tutto il mondo. Si tratta di una capacità evolutiva e sono state prese decisioni deliberate su come renderla efficiente con l’infrastruttura che abbiamo, e su come modernizzare la capacità per rimanere flessibile con sistemi di missione aperti e un’architettura digitale per evolvere con ambienti di minaccia in evoluzione», sembra la descrizione del panorama fluido africano. Il B-21 verrà definitivamente svelato il 2 dicembre assicura “MilitaryTimes”: probabilmente i paesi del continente africano non si potranno permettere questo bombardiere presentato a casa loro, ma potranno svuotare gli arsenali dei bombardieri che diventeranno obsoleti dopo l’avvento di questa macchina.

Più alla portata delle casse africane è il drone greco Archytas e soprattutto il Mwari aircraft con scopi multipli e infatti già venduto a molti paesi africani; e di quei paesi elencati all’inizio di questa scheda il Botswana probabilmente prenoterà i suoi droni in funzione antimigratoria, e allo scopo i droni presentati alla fiera sudafricana descritta nel video della scheda di ottobre fanno al caso.

AW109 Trekker
«La Turchia è riuscita a sviluppare un solido settore industriale della difesa in grado di soddisfare una percentuale significativa dei requisiti critici delle sue forze armate e di altre agenzie di sicurezza» (capo di stato maggiore nigeriano Odalayo Amao).
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